martedì 22 aprile 2008

LA STANZA DELLA PREGHIERA


Tu invece, quando preghi,
entra nella tua camera e,
chiusa la porta,
prega il Padre tuo nel segreto;
e il Padre tuo, che vede nel segreto,
ti ricompenserà.
Pregando poi,
non sprecate parole come i pagani,
i quali credono di venire ascoltati
a forza di parole.
Non siate dunque come loro,
perché il Padre vostro
sa di quali cose avete bisogno
ancor prima che gliele chiediate.
Mt 6,5-8


Siccome la preghiera è un incontro di persone che si amano, Gesù ci avverte circa l'importanza dell'interiorità. Dio, è il primo protagonista della preghiera. E' Lui che mi ama; perciò desidera e chiama all'incontro d'amore la mia persona. Un incontro personale, intimo, di amicizia sponsale non si realizza in piazza o al mercato. Un incontro tra Dio, la fonte della mia vita e me che mi so scaturito/a da Lui, avviene dentro, al centro di me, non fuori. E' importantissimo capirlo bene!
Siamo nel bel mezzo del discorso della montagna, dove Gesù fa del suo messaggio una fiaccola luminosissima che rivoluziona tanti criteri e modi di essere mondani. Ha gettato luce sulle negatività del voler apparire giusti per essere ammirati dagli uomini. Ha sferzato con forte humour quelli che donano roba e denaro, ma "suonando la tromba davanti a sé" per essere applauditi. Nell'intento dunque di guidarci sulle strade della verità e dell'autenticità, Gesù prepara ora il terreno all'insegnamento principe: quello della preghiera. E il suo mettere qui a fuoco l'imprescindibile importanza dell'interiorità - badiamo bene! - è la premessa a quel suo comunicarci poi, subito dopo, la preghiera per eccellenza: quella del Padre nostro.
v. 5 "E quando pregate non siate come gli ipocriti che amano pregare (…) per apparire davanti agli uomini". Chi è l'ipocrita? Sostanzialmente è una maschera di se stesso, l'opposto dell'autenticità, della verità di sé. L'ipocrita è l'uomo egocentrato: cerca la bella figura, il plauso della gente, una bella immagine di se stesso perfino nel proprio rapporto con Dio. Ma attenzione! In verità non mi riesce proprio di rapportarmi a Lui che nella verità del mettermi all'ultimo posto (Cf Lc 14,2-7), del conoscermi e accettarmi umilmente per quello che sono: uno che non sa amare, che spesso pecca, che non è degno degl'infiniti doni di Dio. Senza umiltà c'è ipocrisia e non preghiera. "Per pregare, dice S. Teresa d'Avila, maestra d'orazione, si richiede umiltà e ancora umiltà" (Mansioni, 10). Non bisogna però mai equivocare: umiltà non è avvilimento, disistima del proprio sé profondo.
v. 6 "Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera". Veramente il testo originale dice: entra nella tua dispensa: una stanza interna alla casa, senza finestre, dove si tenevano i viveri. Ed è molto significativo! In questa dispensa o cantina, o "cella vinaria" (per citare il Cantico dei Cantici) io attingo infatti vita. E' in realtà la parte più interna di me, è il mio cuore profondo. Si tratta di quel luogo "segreto" dove il mio "sé" è l'eco (o l'immagine) continuamente nutrita dal grande "IO SONO" che è Dio, il suo mistero sponsale che m'inabita, segreta sorgiva del mio "esserci" per sempre. Questa stanza o cantina è dunque il luogo segreto della preghiera più personale e profonda. E' il "fondo dell'anima" o "l'apice", la "punta dello spirito" - per dirla coi mistici - . Proprio in questo fondo segreto io sono veramente me stesso, immagine di Dio, capace di recuperarne la somiglianza, sono "l'uomo nascosto nel cuore", "figlio nel Figlio" (Cf 1Pt 3,4a). E' a queste profondità che lo Spirito Santo, con inenarrabile gemito, suscita anche in me quello che pregava Gesù: "Abbà, Padre" (Rm 8,15; Gal 4,6).
v. 6bis "Chiusa a chiave la porta…" Si tratta di chiudere decisamente la porta del cuore alle mille distrazioni, a tante "voglie" e bisogni spesso indotti artificialmente dal grande ipermercato della nostra società. Il raccoglimento non s'improvvisa. Se mente e cuore sono tutto il giorno allo sbaraglio, non posso pretendere di essere sgombro e libero per potermi rapportare a Dio nel momento specifico della mia preghiera. "…prega il Padre tuo nel segreto e il Padre tuo che guarda nel segreto… " La preghiera spesso è comunitaria: la preghiera liturgica, il pregare insieme rivolgendosi a Dio da figli che si sentono fratelli e dunque, a ragione, si rivolgono allo stesso Padre. Ma, a monte della stessa preghiera comunitaria ci deve essere il pregare "nel segreto", cioè nell'intimità unica e irrepetibile del mio essere persona. E "credere" vuol dire essere certi che Dio, "nel segreto" di questa intimità, mi "scruta" e mi "conosce" perché mi ama e mi cerca lì, nel profondo dove Lui è il grande "IO SONO", che se mi apro appunto in preghiera, sorregge e vivifica il mio piccolo "io sono". "…ti restituirà" (testo originale). Significa che l'orante viene da Dio restituito a se stesso (il se stesso più vero e più profondo), cioè "figlio nel Figlio" Gesù, colmo della Gloria che sta nell'essere icona di Dio, perché vuoto della propria vanagloria.
v. 7a "Pregando non moltiplicate le parole come i pagani…". Gesù ci mette in guardia dal rischio di robotizzare la preghiera. I grandi maestri spirituali insegnano che la mente e il cuore devono concordare con la voce, anche quando si tratta di preghiere vocali (salmi o altro). Giova anche un pregare ripetitivo e ritmato, ma solo se si coltiva l'attenzione del cuore, restando presenti al Grande Presente nel momento del nostro pregare. I pagani invece (di tutti i tempi) non conoscono questa interiorità e vanno su percorsi di parole che pretenderebbero magiche.
v.7b "…per essere esauditi". Troppe volte la preghiera disattende le grandi vie della lode, dell'adorazione, del ringraziamento. Molti pregano solo per "gettonare" Dio in ordine a quello di cui hanno bisogno, magari anche con stolte pretese di ottenere cose stolte. Pregare invece è anzitutto stabilire un contatto, un ascolto di Colui che per primo ci ama.
v.8 "Sa infatti il Padre vostro di che cosa avete bisogno prima che voi chiediate" Dio è Dio in quanto è l'AMORE che vede sa e può tutto, dunque provvede. Io invece non so bene quello che veramente giova a me e agli altri. Tuttavia è bene per me esplicitare le mie richieste, come il bambino balbettare a sua madre quello che vuole. La mamma però gli darà ciò che è veramente bene per lui, perché non tutto quello che il bimbo chiede gli giova, anzi! Così è di Dio nei nostri confronti. Ciò che comunque conta è che la mia fede-preghiera diventi grido d'invincibile fiducia, sempre.
Viviamo un'epoca in cui per molti la preghiera si è eclissata, per altri è un balbettio ancora confuso su strade sbagliate e dentro vite sbagliate. Ma c'è, soprattutto nei giovani, un grande bisogno d'imparare a pregare. "Abbiamo molti maestri negli ambiti più svariati del vivere -disse un giovane a Padre Andrea Gasparino- dai maestri di astrofisica a quelli di inglese e di nuoto. Ci mancano però veri maestri di preghiera". Ma per imparare a pregare e a nostra volta insegnare l'a.b.c. della preghiera, bisogna fare i conti - oggi più che mai - con questo forte richiamo di Gesù all'interiorità. Bombardati come siamo da messaggi, inviti, richieste, proposte di ogni genere (su telefonino, via internet, TV, altri media e richiami del grande supermercato di questa società) abbiamo assolutamente bisogno di trovare, concretamente, spazi e tempi per entrare in noi stessi, raccoglierci, fare silenzio, ascoltare veramente la Parola in profondità. Senza questa prassi evangelica così disattesa e così urgente oggi, la preghiera non è possibile. Perché non è possibile il contatto con noi stessi e tanto meno con Dio. Bisogna prenderne atto e agire di conseguenza.
Quando mi metto a pregare, premetto sempre l'invocazione allo Spirito Santo, dopo un esercizio di rilassamento fisiopsichico di raccoglimento al centro di me, nel mio cuore profondo?
Ho una certa familiarità col silenzio? Lo amo come condizione indispensabile alla consapevolezza interiorizzata della Parola di Dio, alla sua Presenza nel mio cuore, a quel che gli sto dicendo, fosse pure il ripetere adagio, con lunghe pause, le stupende parole del Padre nostro?
Quando mi capita di essere solo/a, mi sento a disagio o imparo a gestire solitudine e silenzio leggendo pacatamente qualcosa che mi aiuti a pregare o richiamando alla mente qualche parola dei salmi che mi metta a contatto col Dio d'amore, sempre presente in noi?
Cerco, almeno una volta nella giornata, un angolo silenzioso per starmene solo/a col Signore della mia vita, per dirgli con la preghiera più semplice e intima: Credo, so con certezza di fede che Tu mi ami. Sono qui per dirti anch'io che ti amo?
Per la preghiera Cerco un angolo silenzioso, alla presenza di Gesù Sacramentato o un angoletto appartato nella natura. Mi metto alla Presenza del Signore. Rileggo la pagina del Vangelo e la traduco in preghiera, molto semplicemente. Posso dire per esempio: Signore, insegnami ad entrare nella stanza segreta del mio cuore. Insegnami a "starmene" qui con Te, a non scappare, a non "sparpagliarmi" in tante cose e preoccupazioni inutili. Insegnami a percepire che mi stai cercando, che mi stai amando perché io sia restituito al mio vero sé profondo, perché io abbia vita in te.
Cerco un angolo silenzioso, alla presenza di Gesù Sacramentato o un angoletto appartato nella natura. Mi metto alla Presenza del Signore. Rileggo la pagina del Vangelo e la traduco in preghiera, molto semplicemente. Posso dire per esempio: Signore, insegnami ad entrare nella stanza segreta del mio cuore. Insegnami a "starmene" qui con Te, a non scappare, a non "sparpagliarmi" in tante cose e preoccupazioni inutili. Insegnami a percepire che mi stai cercando, che mi stai amando perché io sia restituito al mio vero sé profondo, perché io abbia vita in te.

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