sabato 29 dicembre 2007

MISTICA ... i termini dell'intimità con DIO



ABBANDONO


Il termine abbandono può avere due significati con valenza sia attiva (l'anima che si abbandona a Dio) che passiva (l'anima abbandonata da Dio). Il termine prende il via dal verbo latino derelinquere da cui l'italiano derelizione, termine che designa l'anima in un grado già avanzato del suo cammino mistico di perfezione. In questo senso rappresenta l'abbandono da parte di Dio, almeno in apparenza, nel cammino spirituale che lascia nell'anima un senso di solitudine, aridità, desolazione. Si tratta in realtà di una prova che Dio permette all'anima al fine di una purificazione estrema. Dio resta silenzioso, non gratifica l'anima, anzi la conduce come in un deserto senza luce, senza consolazione alcuna. Si verifica quasi un'esperienza di morte cui il Padre consegna l'anima, ripetendo così quanto successo col suo Figlio. I vari mistici hanno descritto quest'esperienza di desolazione interiore: Teresa d'Avila parla della lotta ascetica propria di un cammino di perfezione che passa attraverso tappe e gradi di orazione. Giovanni della Croce insegna che un'anima che vuol giungere alla perfezione deve passare attraverso due forme principali di notti. Egli parla di "notte" perché è come se l'anima dovesse camminare nel buio assoluto. La notte oscura - egli afferma - è un influsso di Dio nell'anima, che la purifica nella sua imperfezione ed ignoranza abituale, natura e spirituale, dove Dio la istruisce in segreto nella perfezione dell'amore, senza che essa faccia nulla e comprenda cosa sia questa contemplazione (cfr. Notte oscura, II, 5,1). Altri autori spirituali, come Francesco di Sales, parlano di imitazione di Gesù Cristo come strada per la perfezione. Il massimo dell'amore consiste nel rimettersi interamente a lui, come il Cristo in croce fra le braccia del Padre, nel perfetto amore realizzato tramite l'esperienza della desolazione. Alla base c'è la fede nell'amorosa sapienza di Dio che dona infinitamente la vita alle sue creature.