lunedì 3 marzo 2008

IL CIECO NATO (Giovanni 9, 1-41)

di Pd Raniero Cantalamessa

La guarigione del cieco nato ci riguarda da vicino, perché, in un certo senso, siamo tutti dei... ciechi nati. Il mondo stesso è nato cieco. Stando a quello che ci dice oggi la scienza, per milioni di anni c’era la vita sulla terra, ma era una vita allo stato cieco, non esisteva ancora l’occhio per vedere, non esisteva il vedere stesso. L’occhio, nella sua complessità e perfezione, è una delle funzioni che si sono formate più lentamente. Questa situazione si riproduce in parte nella vita di ogni singolo uomo. Il bambino nasce se non proprio cieco, almeno incapace ancora di distinguere i contorni delle cose. È solo dopo qualche settimana che comincia a mettere a fuoco le cose. Se il bambino fosse in grado di esprimere quello che prova quando comincia a vedere chiaramente il volto della mamma, le persone, le cose, i colori, che “oh!” di meraviglia si ascolterebbe! Che inno alla luce e alla vista! Il vedere è un miracolo. Solo che non ci facciamo caso perché ci siamo abituati e lo diamo per scontato. Ecco allora che Dio a volte opera la stessa cosa in modo repentino, straordinario, così da scuoterci dal nostro torpore e renderci attenti. È quello che fece con la guarigione del cieco nato e di altri ciechi nel Vangelo.
Ma è solo per questo che Gesù guarisce il cieco nato? C’è un altro senso in cui noi siamo nati ciechi. C’è un altro occhio che deve ancora aprirsi nel mondo, oltre quello materiale: l’occhio della fede! Esso permette di scorgere un altro mondo al di là di quello che vediamo con gli occhi del corpo: il mondo di Dio, della vita eterna, il mondo del Vangelo, il mondo che non finisce neppure con la...fine del mondo. Questo ha voluto ricordarci Gesù con la guarigione del cieco nato. Anzitutto, egli invia il giovane cieco alla piscina di Siloe. Con ciò Gesù voleva significare che questo occhio diverso, della fede, comincia ad aprirsi nel battesimo, quando riceviamo appunto il dono della fede. Per questo nell’antichità il battesimo si chiamava anche “illuminazione” e essere battezzati si diceva “essere illuminati”. Nel caso nostro non si tratta di credere genericamente in Dio, ma di credere in Cristo. L’episodio serve all’evangelista per mostrarci come si arriva a una fede piena e matura nel Figlio di Dio. Il recupero della vista da parte del cieco procede infatti di pari passo con la sua scoperta di chi è Gesù. All’inizio, per il cieco Gesú non è che un uomo: “Quell’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango...”. Più tardi alla domanda: “Che dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?”, ed egli risponde: “È un profeta!”. Ha fatto un passo avanti; ha capito che Gesù è un inviato da Dio, che parla e opera in nome di lui. Infine, incontrando di nuovo Gesú, gli grida: “Io credo, Signore!” e si prostra dinanzi a lui per adorarlo, riconoscendolo così apertamente come suo Signore e suo Dio. Descrivendoci così dettagliatamente tutto ciò, è come se l’evangelista Giovanni ci invitasse molto discretamente a porci la domanda: “E io, a che punto sono di questo cammino? Chi è Gesù di Nazaret per me?”. Che Gesù sia un uomo nessuno lo nega. Che sia stato un profeta, un inviato da Dio, anche questo è ammesso quasi universalmente. Molti si fermano qui. Ma non basta. Anche un musulmano, se è coerente con quello che trova scritto nel Corano, riconosce che Gesù è un profeta. Ma non per questo si considera un cristiano. Il salto mediante il quale si diventa cristiani in senso proprio è quando si proclama, come il cieco nato, Gesù “Signore” e lo si adora come Dio. La fede cristiana non è primariamente credere qualcosa (che Dio esiste, che c’è un al di là…), ma un credere in qualcuno. Gesù nel Vangelo non ci da una lista di cose da credere; dice: “Abbiate fede in Dio e abbiate fede in me” (Gv 14,1). Per i cristiani credere è credere in Gesù Cristo.

IL DIGIUNO FORGIA DEL CRISTIANO


di Giovanni Crisostomo

Non è male mangiare - non sia mai! -, ma la gola è dannosa: riempirsi più del bisogno, sino a che il ventre scoppi; ciò rovina lo stesso piacere del cibo. Così, non è male bere moderatamente del vino, ma lo è abbandonarsi all`ubriachezza e lasciare che la smoderatezza ci sconvolga il giudizio e la ragione. Se per la debolezza, o carissimo, non puoi osservare il digiuno per tutto il giorno, nessuno che sia intelligente potrà fartene un rimprovero. Il nostro Signore, poi, è mansueto e amorevole e non ci chiede nulla al di sopra delle nostre forze; non ci chiede l`astinenza dal cibo e il digiuno per se stessi, o semplicemente perché noi restiamo privi di mangiare, ma perché rinunciamo alle faccende della vita e dedichiamo tutto il nostro impegno alle realtà spirituali.
Se guidassimo la nostra vita con impegno di sobrietà e spendessimo tutte le nostre energie per le realtà spirituali e se prendessimo cibo solo quanto richiede la pura necessità e impegnassimo tutta la nostra vita nelle opere buone, non avremmo bisogno di aiutarci col digiuno. Ma poiché la natura umana è indolente e si abbandona facilmente alla distrazione e al godimento, per questo il nostro buon Signore, come un padre amoroso, ha pensato per noi alla medicina del digiuno, perché così il piacere ci fosse tolto e noi fossimo spinti a trasferire le nostre preoccupazioni dalle necessità della vita alle opere spirituali. Perciò, se vi è qui qualcuno che per debolezza fisica non può digiunare, non può privarsi del pasto, lo esorto a curare questa sua debolezza organica, ma per questo non si privi della dottrina spirituale, ma vi si dedichi con maggior impegno.
Davvero, davvero, molte sono le vie che ci possono aprire le porte nella fiducia nel Signore: molte più che il semplice digiuno! Perciò chi si ciba e non può digiunare, dia prova di sé con elemosine più abbondanti, con preghiere ferventi, con l`alacrità nell`ascolto della parola divina: a tutto ciò la debolezza del corpo non è di impedimento; e si riconcili con i nemici ed elimini dall`animo ogni sentimento di vendetta. Se farà così, osserverà il vero digiuno, quello che il Signore soprattutto ci richiede. Perché questo è lo scopo per cui egli ci comanda di astenerci dal cibo: frenare la petulanza della carne, rendendola docile all`adempimento della legge di Dio.

LA SPOSA CHE ADORA

Meravigliosamente veritiero e profetico, questo ispiratissimo brano di David Orton, una vera perla di spiritualità e un gioiello di misticismo contemporaneo. Audace e pioneristica è per un pentecostale attivo e un worship leader come lui, l'esigenza ad una chiamata intima e "nascosta". Come in precedenza Don Potter e Tommy Tenney anche David Orton "svela" il desiderio di Dio d'incontrarci nel segreto ... buona meditazione Joshua... a proposito avete notato il dipinto "la sposa che adora" di Teresa Dittrich pittrice Cristiana? Una meditazione ad occhi aperti ... Dio benedica gli artisti!

di David Orton 25 Marzo 2003

Il Cuore di un'Innamorata "… si udrà ancora…
La voce dello sposo e la voce della sposa…"

Geremia 33: 10, 11

Dio sta ristabilendo la voce della sposa in questa generazione. La voce di lode e d'adorazione - la voce di un amore puro e appassionato sta per essere udita ancora attraverso le nazioni. Tutto questo è emozionante: è importante capire che nella biologia di Dio, la bocca è sempre collegata al cuore (Matteo 12:34; Romani 10:10). E' inevitabile che essa parli dall'abbondanza di ciò che è dentro.

Il suono mai udito di un cuore puro
Nell'adorazione la cosa che dà piacere al cuore di Dio, non è tanto il suono fisico della nostra voce o degli strumenti (naturalmente importanti), ma del suono che si sprigiona dalla propria natura, quello cioè che emana un cuore puro. Un suono non udito dall'orecchio naturale.
Ecco perché, quando tocchiamo le altezze dell'adorazione è così rivelatorio: " Il puro di cuore vedrà Dio " (Matteo 5:8).
La cosa che rivela o oscura Dio nei nostri momenti d'adorazione non è la musica, ma la condizione dei nostri cuori!
La vera adorazione è il suono non udito di un cuore puro. L'adorazione poi non è giusto un aspetto di competenza umana, abilità musicale o creatività e neanche una questione di uno stile musicale o preferenza. Ecco perché Gesù ha affermato che:
"Dio è spirito ed i Suoi adoratori devono adorarLo in spirito e verità " (Giovanni 4:24).
Ecco perché il Signore gridò attraverso Amos: " Allontana da me il rumore delle tue canzoni!
Non ascolterò più la musica delle tue arpe ”. (Amos 5:23)
Israele, mantenendo i rituali fisici esteriori e l'espressione d'adorazione, aveva perso il suo vero essere interiore: "Questa gente viene vicino a me con la bocca e mi onora con le labbra, ma i loro cuori sono lontani da me" (Isaia 29:13).

Dio - L'ultimo Creatore Di Musica
Qual è quindi la risposta? Certamente non sta eliminando musica o strumenti musicali: questo è provato tramite le generazioni precedenti. Neanche si sta sbarazzando di determinati stili di musica. Io ringrazio Dio per la gente musicalmente dotata e per la potente creatività e diversità che scorre da quell'Uno, il Supremo Creatore di Musica.
L'uomo fatto all'immagine di Dio non può aiutare, ma creare. La musica e le arti, nella loro natura stessa, rivelano la gloria di Dio al mondo. La risposta di conseguenza è trovata nella nostra relazione di cuore con il Grande-Cuore in sé. Il cuore di Dio è rivelato a noi nelle Scritture come il bianco-caldo cuore di un innamorato appassionato. Ecco perché quando a Gesù fu chiesto di riassumere tutta la rivelazione di Dio in un comandamento, Lui rispose: " Ama il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutte le tue forze " (Marco 12:29, 30), perché mette in relazione noi come alla Sua Sposa. Dice così attraverso Geremia, addolorandosi per i traviamenti d'Israele: “ Io mi ricordo dell'affetto che avevi per me quando eri giovane, del tuo amore da fidanzata e quando come una sposa mi seguivi attraverso il deserto, in una terra non seminata”.(Geremia 2:2).

L'adorazione è quando siamo intimi con Dio.
La qualità della nostra adorazione, nella canzone, con gli strumenti, o persino nel silenzio, si sprigiona da un cuore puro di passione per Dio ed ascenderà come un dolce aroma odoroso a Lui.
"Ma grazie siano rese a Dio che manifesta attraverso di noi l'aroma dolce della Sua conoscenza”. (2° Corinzi 2:14).

Adulterio Spirituale
Dio è interessato alla nostra sincerità di cuore verso di Lui. Israele ha perseguito altri amori, dei d'altre nazioni, commettendo adulterio spirituale con gli idoli. Giacomo insegna che "l'amicizia con il mondo" è adulterio spirituale per il credente: "Voi, adulteri, non sapete che l'amicizia con il mondo è ostilità verso Dio? Di conseguenza chiunque desidera essere un amico del mondo si rende un nemico di Dio "(Giacomo 4:4).
Ora molti di noi hanno pensato: Il mondo è la musica rock nella chiesa, borchie e teste rasate!
Pensate seriamente che Satana, lo stratega maestro, ci fischia per le nostre preferenze musicali o gli interessa come portiamo i nostri monili? Se è riuscito a distrarre il vostro cuore dalla pura devozione a Cristo, avrà avuto successo nel suo scopo; se ascoltate Mozart o MTV, portate un vestito d'affari o i jeans strappati, la sorgente é il vostro cuore. Lo scrittore saggio è nel giusto quando ci esorta, "Custodite il vostro cuore con tutta la diligenza, perché da esso fluiscono le sorgenti della vita" (Proverbi 4:23).
In realtà, “il mondo” nella chiesa è molto più verosimile che si manifesti nelle sue dimensioni di successo e nel suo spirito di ricerca di sé così come noi "ci confrontiamo fra noi stessi" (2°Corinzi 10:12) o misurando qualcuno spiritualmente attraverso la loro apparenza esterna. Il fatto è che se il Signore conquista i nostri cuori e le nostre menti, avrà la nostra obbedienza in ogni aspetto della vita.

La strategia di Satana è di allontanare la concentrazione dei nostri affetti interni dal Signore.
"Vi ho promesso ad un marito, a Cristo, per presentarvi come una vergine pura per Lui. Ma temo che come il serpente con la sua astuzia ingannò Eva, così le vostre menti siano sviate dalla vostra devozione sincera e pura a Cristo " (2°Corinzi 11:2, 3). Satana è persino felice se i nostri cuori sono distratti dal lavoro per Dio, perché ciò significa che ci siamo allontanati dall'intimità con Dio, a causa del lavoro per Lui. L'esortazione di Pietro raggiunge l'intera sposa di Cristo: "Il vostro ornamento non sia solo quello esteriore, che consiste nell'intrecciarsi i capelli, nell'ornarsi di gioielli e indossare belle vesti, ma quello che è intimo e nascosto nel cuore, la purezza incorruttibile di uno spirito delicato e calmo, che è prezioso alla vista di Dio."(1°Pietro 3:3-4).

La Sposa – Tutta La Gloria Dentro
Il simbolo della sposa non è trovato in qualche cosa d'esterno, anche se potrebbe essere considerato affascinante, o persino religioso: é la bellezza interna del cuore. Parlando della sposa il Salmista dichiara che ha "tutta la gloria dentro" (Salmo 45:13). Questa è "la chiesa gloriosa" del capitolo 5:27 di Efesini, senza difetti e santa. La santità quindi non ha niente a che fare con le apparenze religiose o attività, ma ogni cosa ha a che fare con la presenza di Dio non dimorante. La santità irradia dalla bellezza di un cuore riempito della Sua gloria.

Il Contenitore D'Alabastro
In che modo questo sguardo funziona? Secondo Pietro questa bellezza è manifestata con "uno spirito delicato e calmo". Questo secondo la mia considerazione è la più costosa ma anche la più cruciale qualità della vita interna. Pietro afferma che alla vista di Dio ciò è “prezioso” o di un “elevato prezzo”. Questa é la stessa parola usata per descrivere il profumo molto costoso che, Maria di Betania in un atto di pura adorazione, versò su Gesù (Giovanni 12:1-8; Marco 14:1-11), ma per fare questo lei ha dovuto prima rompere il contenitore d'alabastro (Marco 14:5).
Questo simbolizza lo spezzarsi dell'uomo esterno per permettere lo spargimento dell'adorazione.
Senza il rompersi non ci sarà rilascio dello spirito, nessun riversamento dall'uomo interiore nell'abbandonarsi a Dio.
L'atto esagerato momentaneo di devozione era costato, in termini monetari, interi anni di stipendio che avevano provocato la censura di qualcuno (Giuda compreso) che sostenne che doveva essere venduto e offerto ai poveri.
Coloro che hanno rifiutato di permettere la rottura dei loro cuori e del loro pensare naturale, potrebbero vedere soltanto un atto di follia. Gesù tuttavia firmò quest'apparente insensato stravagante atto come adorazione vera. Era, in effetti, una preparazione profetica per quello che doveva venire – per la croce ed infine per la corona. Attraverso il versamento di questo profumo costoso lei lo aveva unto efficacemente come re.

Il “Calmarsi dell'anima”
Qui c'è la lezione: Davide, usato da Dio per ristabilire la vera adorazione, era stato condotto in primo luogo in insoliti e imbarazzanti modi di rompere la resistenza dell'uomo naturale. Attraverso queste esperienze potrebbe dire: "I l mio cuore non è orgoglioso, o SIGNORE, i miei occhi non sono alteri; Io non mi occupo di cose troppo grandi o troppo meravigliose per me. Ma ho calmato ed acquietato la mia anima; come un bambino svezzato sul seno di sua madre, la mia anima dentro me è come un bambino svezzato." (Salmi 131:1-2).
L'acquietarsi dell'anima, di fronte a circostanze complicate, è la cosa più difficile.
Quando la nostra mente e il nostro cuore gridano,
“Questa è follia, che senso ha!”
“Dio mi ha dimenticato!”
“Lui non ha realmente il controllo della mia vita dopo tutto!”
“Tutto a me!”
“Questo è impossibile. Non può essere fatto!"
E' proprio il momento di sottomettere l'anima dell'uomo al Signore.
Nel momento in cui arrendiamo il nostro cuore, la mente e la volontà, si abbandoneranno a Lui ed alle Sue vie nella nostra vita.
La nostra ansia e i nostri sforzi si scioglieranno quando prendiamo tempo a guardarLo e saremo riempiti dalla pace di Dio: "Manterrai in perfetta pace coloro la cui mente è ferma su Te, perché confidano in Te" (Isaia 26:3).
Per l'Ebreo avere la nostra mente che "é ferma sul Signore" significa: "Appoggiarsi su, calmare, riposare, sopportare, sostenere ”.
Quando alziamo i nostri cuori nell'adorazione noi stiamo svezzando la nostra anima dalle cose della carne, stiamo appoggiandoci a Lui, per fidarci di Lui per le nostre vite: " Confida nel Signore con tutto il tuo cuore e non ti appoggiare sulla tua stessa comprensione; riconoscilo in tutte le tue vie e dirigerà i tuoi passi " (Proverbi 3:5-6).
Nell'adorazione noi deponiamo la nostra comprensione e ci fidiamo di Lui. Ciò crea dentro di noi quello che Pietro descrive come, "la qualità incorruttibile di uno spirito delicato e calmo", é la bellezza interna di una Sposa conquistata a Colui che ama. È significativo che la parola greca del NT per adorazione è: “ proskuneo ” che significa, “essere obbedienti, essere riverenti a…” o più letteralmente, “ baciare verso …”.
L'adorazione perciò è la resa del nostro spirito ad essere romantico con lo Sposo.

Le Nuove Frontiere Dello Spirito
Lo Sposo sta chiamando la Sposa a nuove frontiere dello Spirito. Le vecchie forme e strutture all'interno del suo spirito stanno per essere smantellate. Le sta mettendo dentro una nuova struttura e nuove sfaccettature dell'immagine di Cristo. Lei non è stata per questa via prima. I vecchi modi e attività dello spirito erano buoni per l'ultima stagione, ma non l'accompagneranno alla prossima fase. La sta chiamando a nuove altezze d'adorazione, di rivelazione e gloria.
Ora c'è proprio una porta aperta nei cieli per lei. La porterà, credo, nella pienezza di Cristo e alla manifestazione completa della gloria del Padre.
Questa è la donna che, in Apocalisse 12, è avvolta dal sole (la gloria del Padre) e che si dispiega sulla luna (il lavoro completo di Cristo), coronata da dodici stelle (la pienezza dello spirito ed il potere apostolico). Lei sta gridando nel parto, nella preghiera d'intercessione, per la manifestazione completa di Cristo e del suo regno alle nazioni. C'è uno spostamento che avviene ora nel cielo. La fase di storia sta per essere stabilita,le nazioni si stanno alzando e cadendo secondo il programma predeterminato del Padre per avere una Sposa per Suo Figlio. La raccoglierà da tutte le nazioni, tribù e genti, di modo che, " Egli dirà a coloro che non erano la sua gente, ‘Tu sei il mio popolo!' E loro diranno, ‘Tu sei il mio Dio! '"(Osea 2:23b).
Parlando di oggi, lo sposo profetizzò, “‘In quel giorno… tu mi chiamerai marito mio…
Io ti fidanzerò a Me per l'eternità; Io ti fidanzerò in giustizia e in equità, in amore e compassione.
Io ti fidanzerò in fedeltà e tu conoscerai il SIGNORE”' (Osea 2:16-19-20).
Questo è il tempo come mai prima di lasciar andare, è il tempo per la stravaganza spirituale. Forse il tuo “contenitore d'alabastro” è la misura di grazia che tu hai portato per quest'ultima stagione, per un giorno che sta passando velocemente. Un nuovo giorno nello spirito è ora su noi. Quando noi tratteniamo i servigi che lo Spirito ha elargito per la scorsa fase, presto scopriremo che ha vermi e che marcisce (Esodo 16:20). Era fresco e adatto per allora, ma per la stagione prossima, riterremo che non sostenta e che è stantio.
È tempo per un cambiamento. C'é un vento fresco dello Spirito che sta per arrivare e unirà i nostri spiriti con la “nuova cosa” che Dio sta per fare.
È tempo per il contenitore d'alabastro dell'ultima unzione di essere arreso.
Giacomo dice che il spirito vi brama gelosamente (Giacomo 4:5). Dio é un innamorato geloso e quindi, " resiste all'orgoglioso, ma dà grazia all'umile " (Giacomo 4:6).
Questa é la stagione per umiliare noi stessi e sottometterci al Padre degli spiriti.
Sotto la Sua mano il vostro spirito, attualmente, sta rimodellandosi perché tu condivida la sua santità.
È tempo di lasciar andare il vecchio, perché tu possa fare parte del nuovo – un'adorante sposa che si è preparata (Giacomo 4:7-10; Ebrei 12:9-11; Apocalisse 19:7-8).
La voce dello sposo ti sta chiamando, " Mia colomba nelle fessure della roccia, nei posti nascosti sul fianco di una montagna… lasciami sentire la tua voce; perché la tua voce é dolce "… (canzone di Salomone 2:14).
Egli desidera sentire la tua voce, la voce della Sposa, il suono mai udito di un cuore puro.

IL TUO COMPITO E' ADORARMI

di Don Franklin
profezia ricevuta da Don Franklin

Sii in pace riguardo la tua chiamata. Semplicemente devi essere quello che Io ti ordino d'essere ed Io ti faccio sapere che cosa sto facendo. Il tuo compito è quello di adorarmi, lodarmi, avvicinarti a Me, essere il Mio "amico migliore". Tu esisti per portare onore e gloria a Me, non alla chiesa, non al profetico, non a qualunque fase di qualche ministro. Ma il tuo compito, la tua delizia è venire a Me giornalmente e cantare le Mie lodi. La tua gioia, il tuo compito è venire a Me giornalmente e adorarmi, lodarmi. Maria si sedette ai piedi di Gesù e lo adorò. Quella è la tua chiamata nella vita - prodigare lode e adorazione al Signore, per assistere il Signore, per essere suo servo, per amarlo con tutto il tuo cuore, per dirgli i tuoi pesi segreti, per essere il suo compagno.Io ti ho formato per Me, figlio. Ti ho creato per amarmi, per adorarmi. Oh quanto sono felice quando vieni a me e trascorri tempo con me! Come palpita il cuore di Dio quando i suoi figli trascorrono tempo con Lui, amandolo, lodandolo, adorandolo, dividendo i suoi pensieri intimi con lui! Mi sei mancato, dice il Signore. Mi è mancato il nostro periodo tenero d'intercessione e preghiera. Mi è mancato il nostro tempo speciale di riposo ed amore. Mi sei mancato, dice Signore, perché sei stato occupato nelle attività della chiesa, negli obblighi di marito e negli impegni del profetico.
Quale è il mio impegno per te, figlio? Io vorrei dirti che ho molte poesie per te. Ho molte canzoni da far sgorgare attraverso di te. Ho molta rivelazione da darti. Abbandona le altre occupazioni che stai facendo e concentra te stesso sull' essere mio servo, perché questa è la tua chiamata. Tu sei il mio personale servo, dice il Signore, per sederti ai miei piedi, per ricevere la mia rivelazione, per cantare le mie canzoni e prodigare l'amore del tuo cuore su di Me. Non ti avrò quando ami una chiesa. Non ti avrò quando ami un sistema. Non sarai più vivo quando ami il profetico. Perché il tuo amore è riservato a Me. Sono un Dio geloso ed un marito geloso, un amante geloso ed un compagno geloso per te. Non amare, non accarezzare, non andare dietro a qualsiasi altra cosa, ma a Me. Io voglio che tu cerchi Me e ti aggiungerò tutte le cose. Tutto ciò che cerchi di unire nel naturale, ti sarà aggiunto quando cerchi solo Me.Io sono la chiave. Io sono la porta per il tuo futuro. Ti affretti avanti e indietro per provare a trovare quello che unirà tutto per te, che lo realizzerà e non sai che quello sono Io. Non c'è figura terrena. Perlustra la terra, dice il Signore. Non troverai qualcuno a cui Io permetterò che faccia questo per te. Non c'è una persona sulla terra che può fare per te ciò che desideri fatto - soltanto il Figlio di Dio. Soltanto Gesù può spalancare le porte che desideri aperte. Soltanto Gesù può fornirti quel ministero indipendente che tu desideri oltre il controllo degli uomini. Sto chiudendo ogni canale, ostruendo ogni porta che potrebbe promuoverti tramite la mano dell'uomo. E ti sto riservando per Me stesso.
Venite a Me voi tutti che siete affaticati e appesantiti ed Io vi darò riposo.

La preghiera continua in San Francesco d’Assisi


La figura di San Francesco nella Chiesa Cristiana Ortodossa

Abbiamo avuto modo di affermare già in precedenza che la preghiera del cuore è uno “stato” spirituale nel quale l’orante è costantemente immerso in Dio e lo contempla in ogni istante. Se questa affermazione, è vera, significa che la preghiera del cuore non è da considerarsi una specie di “monopolio” di coloro i quali praticano la preghiera di Gesù ma può essere raggiunta da tutti. Perché il Signore è vicino a quanti lo invocano, a quanti lo cercano con cuore sincero (Sal 145, 18). Il Signore si mostra a quanti cercano il suo volto, il suo cuore. Se la preghiera continua è dono dello Spirito Santo, perché è lo Spirito di Dio che continuamente geme di fronte al volto del Signore (Gal 4, 6), significa che l’orante è abitato in profondità dalla Sua presenza, è pneumatoforo (portatore dello Spirito Santo), è santo.
In questa prospettiva possiamo certamente allargare l’orizzonte ecclesiale e culturale della preghiera del cuore. A guardare con obiettività la questione ci si può rendere perfettamente conto che non solo nella Chiesa d’Oriente abita questa possibilità di contemplazione della presenza di Dio, ma anche nella chiesa d’Occidente non mancano le testimonianze in merito a questa “universalità” della preghiera del cuore, perché dove c’è la santità c’è la presenza dello Spirito di Dio.
Ci venga permesso un esempio che vogliamo trarre dagli insegnamenti di Doroteo di Gaza, esempio che non ha, per così dire, nulla di scientifico ma che può aiutarci nell’esplicazione di quanto andremo a trattare in questo paragrafo:
Supponiamo che per terra ci sia un cerchio, cioè una linea tonda tracciata con un compasso dal centro. Centro si chiama propriamente il punto che sta in mezzo al cerchio. Adesso state attenti a quello che vi dico. Pensate che questo cerchio sia il mondo, il centro del cerchio sia Dio, e le linee che vanno dal cerchio al centro siano le vie, ossia i modi di vivere degli uomini. In quanto dunque i santi avanzano verso l’interno, desiderano avvicinarsi a Dio e si avvicinano gli uni agli altri, e quanto più si avvicinano a Dio, tanto più si avvicinano l’un l’altro, e quanto più si avvicinano l’un l’altro, tanto più si avvicinano a Dio. Similmente immaginate anche la separazione. Quando infatti si allontanano da Dio e si rivolgono verso l’esterno, è chiaro che quanto più escono e si dilungano da Dio, tanto più si dilungano gli uni dagli altri, e tanto più si dilungano anche da Dio. Ecco, questa è la natura dell’amore. Quanto più siamo fuori e non amiamo Dio, altrettanto siamo distanti dal prossimo; se invece amiamo Dio, quanto più ci avviciniamo a Dio per mezzo dell’amore per lui, altrettanto ci uniamo all’amore del prossimo, e quanto siamo uniti al prossimo, tanto siamo uniti a Dio [2].

In questo insegnamento Doroteo di Gaza vuole affermare che la vicinanza tra gli uomini, la fraternità è possibile se si è vicini a Dio; al contrario la fraternità è il criterio per poter capire quanto siamo vicini a Dio e quanto è vera l’esperienza che noi facciamo di Lui. In un senso più ampio, che è quello che vogliamo sottolineare in questo paragrafo, la santità è un’esperienza comune agli uomini che cercano Dio: più si è vicini a Dio più l’esperienza di Santità, intesa nella maniera appena descritta, diventa comune.
In questo contesto è vero quanto studiosi come p. Yannis Spiteris[2] e p. Tomáš Špidlík[3] hanno detto in merito a san Francesco o a sant’Ignazio di Loyola i quali, a loro parere, avrebbero avuto il dono della preghiera pura.
In questo paragrafo ci soffermeremo in maniera particolare sulla figura di san Francesco.

San Francesco: santo ecumenico
Che San Francesco sia stato un uomo particolarmente carismatico e che la sua santità sembra coniugarsi bene con la spiritualità orientale[4], questo appare in maniera evidente dai suoi scritti, dalle regole che egli ha redatto e dalle varie biografie.
Padre Spiteris nel suo libro “Francesco e l’Oriente cristiano, un confronto” sottolinea molto bene questa concordanza tra l’esperienza francescana e la santità orientale. In uno dei capitolo del suo libro egli affronta il tema della preghiera sottolineando come l’esperienza di preghiera di San Francesco sia un’esperienza di preghiera pura, di preghiera del cuore.
In questo contesto di confronto irenico tra la figura di San Francesco e la santità orientale ci sembra importante sottolineare alcuni dei punti di contatto tra questi due mondi, quelli che a nostro parere sembrano essere più significativi.

San Francesco: un “Pazzo per Cristo”
Nella tradizione delle Chiese d’Oriente esiste una tipologia agiografica che non è contemplata nella Chiesa d’Occidente e che è propriamente chiamata “pazzia per Cristo”.
I pazzi per Cristo sono chiamati in greco saloi e in russo yurodivij.[5] A fondamento di questa categoria di santi c’è un versetto della prima lettera ai Corinzi di san Paolo (1Cor 4,10): «Noi stolti a causa di Cristo». I pazzi in Cristo hanno rigettato la saggezza umana per acquisire solamente la saggezza spirituale [6]; essi appaiono dapprima nell’ambiente monastico dell’Egitto e della Siria, e solo successivamente – nel XVI sec. – arrivano in Russia.
Uno degli aspetti peculiari della pazzia per Cristo è il desiderio di identificazione con il Cristo povero e crocifisso e l’atteggiamento di denuncia che essi hanno nei confronti del malcostume degli uomini o dei monaci.
Sotto questo aspetto la figura sembra essere molto affine alla figura di molti pazzi per Cristo. Ricordiamo che san Francesco dice di sé: «Il Signore mi ha rivelato essere suo volere che io fossi pazzo nel mondo: questa è la scienza alla quale Dio vuole che ci dedichiamo»[8]. Nella sua “confessione” poi egli dice di essere un “ignorante e illetterato”[9].
Un altro aspetto che accomuna san Francesco all’esperienza dei saloi è rappresentato dagli episodi della sua vita nei quali egli rimane nudo: all’indomani della sua conversione san Francesco decide di vivere la radicalità evangelica, lascia tutto e si spoglia di fronte al vescovo.[10] Altri episodi sono narrati nelle Fonti Francescane e culminano nell’episodio della sua morte quando vuole essere deposto «nudo sulla terra nuda »:

Quando sentì vicini gli ultimi giorni, nei quali alla luce effimera sarebbe succeduta la luce eterna, mostrò con l’esempio delle sue virtù che non aveva niente in comune con il mondo. Sfinito da quella malattia così grave, che mise termine ad ogni sua sofferenza, si fece deporre nudo sulla terra nuda, per essere preparato in quell’ora estrema, in cui il nemico avrebbe potuto ancora sfogare la sua ira, a lottare nudo con un avversario nudo[11].

San Francesco contempla la bellezza del creato: theôria physikê
Un altro aspetto che accomuna San Francesco alla santità dell’Oriente cristiano è la contemplazione del Creato, quella che i Padri chiamano theôria physikê[12]. Afferma padre Špidlìk :
La conoscenza di Dio attraverso le opere è proclamata da tutti i Padri. Così ogni uomo è capace di pervenire alla conoscenza di Dio attraverso la creazione. L’universo visibile diventa quindi un libro aperto per gli amici di Dio, una scuola per le anime. Dio vide che ciò era buono (Gen 1,9), perché contemplava i logoi[13] delle cose che sono già pronti per la messa (Gv 4,35)[14].
La contemplazione della Creazione è una “scala” che ci conduce a Dio, è uno strumento – il più immediato che l’uomo conosca – per poter intravedere la Sua presenza nel mondo. Il Creato ha la capacità di far scorgere all’uomo un lembo del Paradiso, alimenta in lui il desiderio di incontrare il volto dell’Altissimo, suscita in lui un fervente “ricordo di Dio”[15]: Il prof. Panaghiotis Yfantis descrive bene questa dinamica applicandola all’esperienza di San Francesco:
I Santi considerano la creazione con discrezione: non la divinizzano, né la disprezzano. La rispettano perché in essa vedono un mezzo anagogico, capace di condurre alla visione di Dio. Negli occhi spirituali[16] di Francesco, tutte le creature formano una “scala” verso il Creatore. Nelle sue biografie leggiamo che amava molto l’allodola, perché questo uccello gli sembrava portare la cuffia monacale ed era umile, e il suo volto simboleggia i frati buoni che isolati dal mondo lodano Dio[…][17] Questo metodo esemplaristico ha il suo corrispettivo nel tentativo continuo dei santi orientali di avere sempre la mente orientata a Dio[18].
Questa capacità di San Francesco di cogliere la presenza di Dio in ogni cosa, non in modo panteistico, emerge in maniera chiara dalla comprensione che egli stesso ha delle creature. Il santo chiama ognuna “fratello” e “sorella”.[19] Questo aspetto specifico della spiritualità francescana è risultato essere, nel corso dei secoli, anche il più malinteso tanto che San Francesco, a titolo di esempio, è diventato il “santo dell’ecologia”[20].
Ma la comprensione che il santo aveva della creazione è ben lungi dall’essere “animalista” od “ecologista”: egli proclamava, semplicemente, la bontà del creato come opera delle mani di Dio. Il mondo è una “teofania” di Dio, un “sacramento” della Sua presenza come tutta la tradizione patristica ha sempre sottolineato[21]. È mirabile questo “sentire” di san Francesco ed egli lo esprime in maniera geniale nel suo Cantico di frate Sole, nel quale sembra farsi presente l’invito di san Paolo: «State sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie» (1 Ts 5, 16-17):

Altissimu, onnipotente, bon Signore,
Tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione.
Ad Te solo, Altissimo, se konfano,
et nullu homo ène dignu Te mentovare.
Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le Tue creature,
spetialmente messor lo frate Sole,
lo quale è iorno et allumini noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
de Te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora Luna e le stelle:
in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate Vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale a le Tue creature dài sustentamento.
Laudato si’, mi’ Signore, per sor’Acqua,
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate Focu,
per lo quale ennallumini la nocte:
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba.
Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo Tuo amore
et sostengo infirmitate et tribulatione.
Beati quelli ke ’I sosterrano in pace,
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullu homo vivente po’ skappare:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati,
ka la morte secunda no ’I farrà male.
Laudate e benedicete mi’ Signore et rengratiate
e serviateli cum grande humilitate
[22].

Lo Spirito Santo nella vita di san Francesco: la théosis
Uno degli aspetti che san Francesco sottolinea volentieri è l’”acquisizione dello Spirito Santo”: anche per lui la santità di una persona deriva dall’intima unione con la SS. Trinità che abita nel cuore del servo di Dio. Sarà lo stesso santo a esortare i suoi frati nella Regola non bollata ad accogliere questa inabitazione della Trinità[23].
È interessante notare che per san Francesco l’obiettivo principale da raggiungere, lo scopo da conseguire nella vita dei “penitenti” è l’acquisizione dello Spirito[24]: per il santo di Assisi non deve abitare nel cuore altra preoccupazione che non sia quella di rendere operante la grazia di Dio nel proprio cuore; questa grazia si “attiva” solo in un cuore puro da ogni passione:

Ammonisco, poi, ed esorto nel Signore Gesù Cristo, che si guardino i frati da ogni superbia, vana gloria, invidia, avarizia, cure e preoccupazioni di questo mondo, dalla detrazione e dalla mormorazione.
E coloro che non sanno di lettere, non si preoccupino di apprenderle, ma facciano attenzione che ciò che devono desiderare sopra ogni cosa è di avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione, di pregarlo sempre con cuore puro e avere umiltà, pazienza nella persecuzione e nella infermità e di amare quelli che ci perseguitano e ci riprendono e ci calunniano
[25].

Un consiglio simile, in merito all’acquisizione dello Spirito Santo, è riscontrabile anche in un noto santo della Chiesa Ortodossa, san Serafino di Sarov[26], il quale definisce il fine della vita cristiana in vista dell’inabitazione dello Spirito Santo nell’uomo. Questi, per il santo russo, deve praticare il commercio spirituale: l’uomo è chiamato a pregare per ottenere lo Spirito del Signore e attraverso di Lui il maggior numero possibile di grazie. Riportiamo, a tale proposito, un brano dal “Colloquio con Motovilov”:

Il vero fine della vita cristiana consiste quindi nell’acquisizione di questo Spirito di Dio, mentre la preghiera, le veglie, il digiuno, l’elemosina e le altre azioni virtuose fatte in nome di Cristo sono solo dei mezzi per acquistarlo.
- Come “l’acquisizione”? – Chiesi a Padre Serafino. – Non capisco perfettamente.
- L’acquisizione è la stessa cosa dell’ottenimento. Sai cosa significa acquisire denaro? Per lo Spirito Santo è lo stesso. Per la gente normale il fine della vita consiste nell’acquisizione del denaro, del guadagno. I nobili inoltre desiderano ottenere onori, medaglie ed altre ricompense per servizi resi allo Stato. Anche l’acquisizione dello Spirito Santo è un capitale, ma un capitale eterno, dispensatore di grazie, analogo ai capitali temporali e che si ottiene con gli stessi procedimenti
[27].
[…] – Cerca di ottenere le grazie dello Spirito Santo facendo fruttificare in nome di Cristo tutte le virtù possibili, fanne un commercio spirituale, traffica con quelle che danno il maggior numero di benefici[28].
[…] Come nel commercio il fine è quello di ottenere il maggior guadagno possibile, così nella vita cristiana il fine dev’essere non solo quello di pregare e fare il bene, ma anche quello di ottenere il maggior numero di grazie.[29]

San Francesco preghiera vivente: la preghiera del cuore
In questo paragrafo vogliamo affrontare in maniera specifica il tema della preghiera nell’esperienza di San Francesco il quale a più riprese nei suoi scritti esorta i frati ad avere sempre un cuore disponibile a Dio e tutto rivolto a Lui[30], sempre pronto alla preghiera, come è scritto nel commento al Padre nostro:

[Tutti] ti amiamo con tutto il cuore, sempre pensando a te; con tutta l’anima, sempre desiderando te; con tutta la mente, orientando a te tutte le nostre intenzioni e in ogni cosa cercando il tuo onore; e con tutte le nostre forze, spendendo tutte le nostre energie e sensibilità dell’anima e del corpo a servizio del tuo amore e non per altro; e affinché possiamo amare i nostri prossimi come noi stessi, trascinando tutti con ogni nostro potere al tuo amore, godendo dei beni altrui come dei nostri e nei mali soffrendo insieme con loro e non recando nessuna offesa a nessuno[31].

E ancora nella Regola non bollata troviamo questa ammonizione di san Francesco;

E ovunque, noi tutti, in ogni luogo, in ogni ora e in ogni tempo, e ogni giorno e ininterrottamente crediamo veramente e umilmente e teniamo nel cuore e amiamo, onoriamo, adoriamo, serviamo, lodiamo e rendiamo grazie all’altissimo e sommo eterno Dio, Trinità e Unità, Padre e Figlio e Spirito Santo, Creatore di tutte le cose e Salvatore di tutti coloro che credono e sperano in lui che è senza inizio e senza fine[32].

Questa necessità di essere sempre alla presenza di Dio richiede che il servo di Dio abbia un cuore puro[33], distaccato – come direbbero i Padri – da ogni attaccamento passionale e preoccupazione. Così è scritto nella Regola non bollata:

Sempre costruiamo in noi una casa e una dimora permanente a Lui, che è il Signore Dio Onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo, e che dice: Vigilate dunque e pregate in ogni tempo, affinché possiate sfuggire tutti i mali che accadranno e stare davanti al Figlio dell’uomo. E quando vi mettete a pregare, dite: Padre nostro che sei nei cieli. E adoriamolo con cuore puro, poiché bisogna sempre pregare senza stancarsi mai; infatti il Padre cerca tali adoratori [34]

È interessante vedere come in san Francesco la “purità di cuore” non ha solo l’accezione di una sorta di “pulizia morale” ma è l’atteggiamento che rende possibile la contemplazione di Dio; a tal proposito lo stesso santo nell’Ammonizione XXVII ha un’espressione che ricorda da molto vicino il modo in cui gli esicasti intendevano la purezza del cuore:

Dove è il timore del Signore a custodire la sua casa (il cuore), ivi il nemico non può trovare via d’entrata[35].

Per San Francesco la purezza di cuore è dunque la libertà da ogni preoccupazione terrena, è saper custodire la casa interiore[36] da ogni attacco del nemico. Nei paragrafi precedenti abbiamo avuto modo di affrontare questo tema a proposito della custodia del cuore: solo un cuore puro può vedere il Volto dell’Amato, può contemplarLo.
La visione di Dio, nella preghiera pura degli esicasti, è detta theoria [37], essa ha sempre le radici in un cuore limpido[38], che sa disprezzare le cose del mondo:

Beati i puri di cuore, poiché essi vedranno Dio. Veramente puri di cuore sono coloro che di­sdegnano le cose terrene e cercano le cose celesti, e non cessano mai di adorare e vedere il Signore Dio, vivo e vero, con cuore ed animo puro[39].

Un cuore e una mente inquinati dalle passioni, da pensieri impuri, dal peccato non possono assolutamente contemplare la luce divina: per poter godere dello splendore di Dio è necessario che l’uomo riacquisti la bellezza originaria, ritornando alla condizione naturale. L’uomo è trasformato dallo Spirito: passa dall’immagine alla somiglianza con il Prototipo che é Cristo[40].
Solo così i sensi spirituali possono godere della presenza di Dio: l’uomo prova così anche compassione per tutto il creato, per ogni creatura, come scrive Isacco di Ninive :

Quando fai il bene, non darti pensiero dello scopo della ricompensa immediata e sarai ricompensato doppiamente da Dio. E se è possibile, [non agire] neppure per la ricompensa futura. Ma sii virtuoso al di sopra di tutto, per amore del servizio di Dio. Il desiderio dell’amore è più intimo del servizio di Dio, e più di quest’ultimo è intimo nei misteri di lui. Più di quanto l’anima sia intima al corpo […]. Cos’è la purezza? È un cuore misericordioso per ogni creatura […]. E che cos’è un cuore misericordioso? È l’incendio del cuore per ogni creatura: per gli uomini, per gli uccelli, per le bestie, per i demoni e per tutto ciò che esiste. Al loro ricordo e alla loro vista, gli occhi [di un tale individuo] versano lacrime, per la violenza della misericordia che stringe il [suo] cuore a motivo della grande compassione. Il cuore si scioglie e non può sopportare di udire o vedere un danno o una piccola sofferenza di qualche creatura. E’ per questo che egli offre preghiere con lacrime in ogni tempo, anche per gli esseri che non sono dotati di ragione, e per i nemici della verità e per coloro che la avversano, perché siano custoditi e rinsaldati; e perfino per i rettili; a motivo della sua grande misericordia, che nel suo cuore sgorga senza misura, a immagine di Dio[41].

Anche san Francesco aveva il dono della preghiera continua, «la sua disposizione stabile era tale che, dove poteva, pregava. Questa era la sua normale disposizione del cuore»[42], come viene descritto bene da Tommaso da Celano nella sua biografia seconda:

Quando [invece] pregava nelle selve e in luoghi solitari, riempiva i boschi di gemiti, bagnava la terra di lacrime, si batteva con la mano il petto; e lì, quasi approfittando di un luogo più intimo e riservato, dialogava spesso ad alta voce col suo Signore: rendeva conto al Giudice, supplicava il Padre, parlava all’Amico, scherzava amabilmente con lo Sposo. E in realtà, per offrire a Dio in molteplice olocausto tutte le fibre del suo cuore, considerava sotto diversi aspetti Colui che è sommamente Uno. Spesso senza muovere le labbra, meditava a lungo dentro di sé e, concentrando all’interno le potenze esteriori, si alzava con lo spirito al cielo. In tale modo dirigeva tutta la mente e l’affetto a quell’unica cosa che chiedeva, Dio: non era tanto un uomo che prega, quanto piuttosto egli stesso tutto trasformato in preghiera vivente[43].

È evidente che per san Francesco la preghiera non è tanto un modo di rapportarsi a Dio ma è un atteggiamento vitale. Come il corpo ha necessità di respirare, così il cuore dell’uomo ha costantemente bisogno di attingere, nella preghiera, allo Spirito del Signore, per non morire, per non indurirsi.
Tutti gli aspetti della spiritualità francescana che abbiamo finora esposto sono comunicanti tra loro, infatti:
à un cuore limpido è purificato dalle passioni e disprezza ogni attaccamento mondano;
à il cuore puro è abitato dallo Spirito del Signore che trasforma dal di dentro l’uomo; l’opera del nemico viene dall’esterno del cuore giacchè, attraverso i logismoi, egli vuole entrare nel giardino interiore. L’azione dello Spirito Santo, al contrario, opera dal di dentro dell’uomo, lo trasforma dall’immagine alla somiglianza con il Prototipo che é Cristo;
à il cuore purificato ha l’occhio profondo e scorge i logoi in tutta la creazione che non è più nemica dell’uomo.
à ogni creatura diventa “fratello” e “sorella”, anche la morte; la creazione eleva la mente e il cuore a Dio;
à un cuore abitato dallo Spirito del Signore geme continuamente di fronte al volto del Signore; esso ha in dono dal Signore la preghiera continua.



NOTE
[1] Doroteo di Gaza, Insegnamenti, pp. 124 – 125.
[2] Cfr. Spiteris, Y., Francesco e l’oriente cristiano. Un confronto, Roma, Collegio San Lorenzo da Brindisi, 1999 (d’ora in poi Spiteris, Francesco e l’oriente cristiano).
[3] Cfr. Špidlìk, T., La preghiera del cuore. Un confronto fra l’Oriente e l’Occidente, in Vedere Dio. Incontro tra Oriente e Occidente, Spiteris Yannis, Gianesin Bruno (a cura di), Bologna, EDB, 1994, p.74.
[4] Cfr. Panaghiotis, A., Aspetti di santità in Oriente e in Occidente. San Francesco d’Assisi e tradizioni spirituali dell’Oriente cristiano, in Nicolaus, Bari, Istituto di Teologia Ecumenico – Patristica; Cfr. Špidlìk, T., San Francesco d’Assisi e san Sergio di Radonež, in Il battesimo delle terre russe. Bilancio di un millennio, Graciotti Sante (a cura di ), Firenze, Leo S. Olschki, 1991, pp. 423-435.
[5] Cfr. Spiteris, Francesco e l’oriente cristiano, pp. 64 – 65.
[6] Cfr. Špidlìk, La preghiera, pp. 209 – 210.
[8] Fonti Francescane. Leg Per 114: FF 1673.
[9] Cfr. LetOrd: FF 226.
[10] Cfr. 1Cel: FF 344 – 345.
[11] 2Cel: FF 804.
[12] Cfr. Spiteris, Francesco e l’oriente cristiano, p. 105s.
[13] Cfr. Špidlìk, La preghiera, pp. 210 – 211.
[14] Špidlìk, Manuale sistematico, p. 293.
[15] Cfr. Spiteris, Francesco e l’oriente cristiano, p. 106.
[16] (Špidlìk, La preghiera, p. 222).
[17] Cfr. SpdP113: FF 1813.
[18] Panaghiotis, A., Aspetti di santità in Oriente e in Occidente. San Francesco d’Assisi e tradizioni spirituali dell’Oriente cristiano, in Nicolaus, Bari, Istituto di Teologia Ecumenico – Patristica, pp. 42 – 43
[19] Cfr.1 Cel 81: FF 461.
[20] Cfr. Spiteris, Francesco e l’oriente cristiano, p. 101.
[21] ivi, pp. 103 – 104.
[22] Cant 1 – 14: FF 263.
[23] Cfr. Rnb XXII, 27: FF 61.
[24] Per un approfondimento sul tema: Bartolini, R., Lo Spirito del Signore. Francesco di Assisi guida all’esperienza dello Spirito Santo, Assisi, Porziuncola, 1993, 350 p. (“Collectio Assisiensis” 18; Studio Teologico “Porziuncola”).
[25] Rb X, 7 - 10: FF 103 – 104.
[26] Per un approfondimento: Evdokimov, P., Serafim di Sarov uomo dello Spirito, Magnano (BI), Qiqajon, 1996, 129 p., (con il testo integrale del “Colloquio con Motovilov”).
[27] Goraïnoff, I., Serafino di Sarov. Vita, colloquio con Motovilov, insegnamenti spirituali, 3 ed., a cura di E. Bianchi, Milano, Gribaudi, 1995, pp. 157 – 158, (ed. or. fr.: Serafim de Sarov, Brégolles en Mauge [S. et L.], Abbaye de Bellefontaine, 1973).
[28] ivi, p. 163.
[29] ivi, p. 164.
[30] Cfr. Matura, T., Francesco, un altro volto. I messaggi dei suoi scritti, Milano, Biblioteca francescana, p 131s. (Tau 5, ed. or. fr.: François d’Assise, «Auteur spirituel», Le message de sés écrits, Paris, 1996, Éditions du Cerf).
[31] Pater, 5: FF 270.
[32] Rnb XXXIII, 11: FF 71.
[33] Cfr. Spiteris, Francesco e l’oriente cristiano, p. 91.
[34] Rnb XXII, 27: FF 61.
[35] Adm, V: FF177.
[36] « Atrium: el “atrio” es más que una simple “entrada.”. Roma, Pontificio Ateneo Antoniano, 1993, p. 121).
[37] Cfr. Spiteris, Francesco e l’oriente cristiano, p. 91.
[38] «Beato è l’intelletto che nel tempo della preghiera ha ottenuto una perfetta insensibilità» Evagrio Pontico, La preghiera, 2 ed., a cura di V. Messana, Roma, Città Nuova, 1999, p. 133; Cfr. Špidlìk, La preghiera, pp. 355 – 356.
[39] Adm, XVI: FF177.
[40] Cfr. Špidlík, T. voce Immagine di Dio, in Farrugia, Dizionario, p. 388.
[41] Isacco di ninive, Un’umile speranza. Antologia, Scelta e traduzione dal siriano a cura di Sabino Chialà, Magnano (BI), Qiqajon, 1999 (“Padri della Chiesa: volti e voci”), pp. 194 – 195.
[42] Špidlík, T., Appunti di viaggio. Note di ricerca spirituale, Roma, Luglio – Agosto 1999, p. 26.
[43] 2 Cel, 95: FF 682.

IL CIELO


carissimi vi sottopongo questo articolo di Wilkerson che sono certo troverete edificante ed incoraggiante. Spero che vi contagerà il desiderio di cielo e che possa suscitarvi il santo ardore di vedere le cose di lassù alle quali avremo parte un giorno al tempo dovuto. Nel frattempo con il cuore nel cielo ed i piedi per terra godiamoci questa meditazione meravigliosa che spero vi sia di conforto e di consolazione. Joshua!


di David Wilkerson (30 Aprile 2007)

un messaggio di speranza in questi tempi travagliati.
In questi tempi non sentiamo molti insegnamenti sul cielo. Può sembrare strano, visto che dovrebbe essere la gioia di ogni cristiano, quella di essere con il Signore per l’eternità. La promessa del cielo è il nocciolo dell’evangelo che predichiamo.
Ma c’è un motivo per cui non sentiamo molto parlare di questo gioioso argomento. Il fatto è che la Bibbia non spiega chiaramente com’è fatto il cielo. Gesù non si è mai seduto con i discepoli, spiegando loro la gloria e la maestà del cielo. Disse al ladrone sulla croce: “Oggi tu sarai con me in paradiso”, ma non gli disse come sarebbe stato.
L’apostolo Paolo si riferisce al cielo quando racconta di essere stato trasportato in paradiso. Dice di aver visto e udito cose che colpirono la sua mente al punto di non aver linguaggio per descriverle. Dalla descrizione di Paolo si capisce che, semmai fosse riuscito a spiegare quello che aveva visto, le nostre menti umani non l’avrebbero compreso. Qualsiasi cosa Paolo abbia visto in cielo lo influenzò al punto che per il resto della sua vita egli desiderò andarvi.


Paolo era grato per la sua vita, per la sua chiamata, per il suo ministero.
Credo che amasse il popolo di Dio con passione. Ma in tutti gli anni del suo ministero, il desiderio continuo di Paolo era quello di andare a casa ed essere con il Signore. Il suo cuore era semplicemente ansioso di esser lì. Allora, dov’è il cielo? Non lo sappiamo. Sappiamo che sta arrivando un nuovo cielo e anche una nuova terra. E questo nuovo pianeta non sarà semplicemente la vecchia terra raffinata col fuoco ma qualcosa di interamente nuovo. Al suo centro ci sarà la capitale, la Nuova Gerusalemme.
Sappiamo inoltre che il trono di Dio è in cielo. Allo stesso modo, vi è Gesù, come gli angeli del Signore, in moltitudini innumerevoli. Inoltre, Paolo dice che una volta che saremo lì, contempleremo Gesù “faccia a faccia” (1 Corinzi 13:12). In breve, avremo un accesso immediato e personale al Signore per l’eternità. (Carissimi, se il cielo fosse tutto qui, mi basterebbe!).
Evidentemente, impareremo cose che semplicemente non possono essere contenute dalla mente umana qui sulla terra. Avremo accesso alla mente di Cristo stesso, che è illimitata. E credo che ci insegnerà le cose eterne.


Le Scritture suggeriscono che il cielonon è semplicemente un posto dove rilassarsie non fare niente tranne che le riunioni di culto.
La Bibbia ci dice che in cielo noi governeremo con il Signore “come re e sacerdoti: e regneremo sulla terra” (Apocalisse 5:10). Agiremo come servi e “lo serviremo” (22:3).
Questo mi dice che avremo compiti benedetti ed entusiasmanti in questo nuovo mondo a venire. La Scrittura parla molto sul ruolo che gli angeli hanno avuto nel corso della storia, ministrando persino a Gesù. Qualunque sarà il nostro compito, sapremo che continuerà per l’eternità, perché i mondi di Dio sono eterni.
Considerate per un momento l’infinità che vediamo nello spazio. Si dice che il nostro sistema solare sia grande almeno cinque miliardi di chilometri in diametro, e sia un semplice puntino nell’universo. Le scoperte scientifiche mostrano che ci sono sistemi e sistemi, apparentemente infiniti. Tutto questo è incomprensibile per la mente.
Persino mentre il nostro sistema solare si muove per lo spazio, girando attorno al sole, infiniti altri sistemi si muovono l’uno sull’altro. E tutto avviene secondo l’ordine divino di Dio. Per questa ragione io credo che in cielo riceveremo dei compiti che oggi sono incomprensibili alla nostra mente umana.


Quando Paolo si riferisce alla sua esperienza in paradiso, parla di essere “nel terzo cielo”.
Gli studiosi ebrei dei giorni di Paolo insegnavano che c’erano tre sfere celeste: la prima era l’atmosfera fisica che abitiamo; poi il secondo cielo, dove stanno le stelle; ed infine il terzo cielo, dove sono Dio e il paradiso.
Posso dire solamente su questo argomento che Gesù ascese al “cielo al di sopra di ogni cielo”. E ci dice che ora è lì che prepara un posto per il suo popolo. Ci ha detto inoltre: “Io verrò di nuovo, e vi porterò con me. Dove dimorerò io, dimorerete anche voi”.
In breve, miei cari, non posso dirvi com’è fatto il cielo. E non so cosa vi accadrà. Non ho nuove rivelazioni da offrirvi, nessuna visione come quella di Paolo. Ma posso dirvi cosa non è il cielo, e cosa non c’è, grazie a quello che ci offre la Scrittura. E, come vedrete, quello che ci rivela ci dà motivo di gioire!


Iniziamo con la visione dell’apostolo Giovanni in Apocalisse 21.
Giovanni ci dice che non troveremo le seguenti cose in cielo:
1. Non ci sarà più il mare: “Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il primo cielo e la prima terra erano passati, e il mare non c'era più” (Apocalisse 21:1). Giovanni non dice qui che non ci sarà più acqua. Afferma che non ci saranno più le minacce provenienti dalle più grandi masse d’acqua della terra: non ci saranno più uragani, tifoni o tsunami killer. Infatti, l’unica acqua che viene menzionata a proposito di questa nuova terra sarà un fiume di felicità che scorre attraverso le strade della Nuova Gerusalemme. Giovanni dice a questo proposito: “Poi mi mostrò il fiume puro dell'acqua della vita, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell'Agnello” (22:1).
2. In cielo non ci saranno più fazzoletti. Non ne avremo bisogno perché la Scrittura dice che non avremo neanche più le ghiandole lacrimali: “Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi” (21:4). Secondo Giovanni, in cielo le lacrime non esisteranno per niente. Similmente, non ci saranno più funerali, bare o cimiteri. Perché? “Non ci sarà più la morte né cordoglio” (21:4). Pensate un po’: non dovremo più piangere di fronte ad una bara per la perdita di qualche caro. Non ci sarà più dolore, pianto o lamento, perché in cielo non moriremo mai. Dopo essere risorti dalla tomba terrena grazie alla potenza della risurrezione di Cristo, non potremo più morire.
3. Non ci saranno più farmacie, ospedali, dottori, infermieri, ambulanze, prescrizioni o dolori acuti. Giovanni scrive: “Né grido né fatica” (21:4).
Il verso di Giovanni ha un significato speciale per me: “Non vi sarà più dolore” (Apocalisse 21:4). Lì insieme a Gesù non c’è più dolore!
4. Non ci sarà più paura, né incredulità, o cose abominevoli, menzogne o stregonerie. La Bibbia ci dice che tutti quelli che praticano queste cose verranno gettati nel lago di fuoco: “Ma per i codardi, gl'increduli, gl'immondi, gli omicidi, i fornicatori, i maghi, gli idolatri e tutti i bugiardi, la loro parte sarà nello stagno che arde con fuoco e zolfo, che è la morte seconda” (21:8).
5. Non ci sarà più motivo di trasferirsi in cielo. Io e mia moglie abbiamo cambiato casa tantissime volte. Sono grato che quando arriveremo in cielo, non dovremmo più trasferirci. Come faccio a saperlo? Gesù ci dice: “Il vostro cuore non sia turbato… Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore; se no, ve lo avrei detto; io vado a prepararvi un posto” (Giovanni 14:1-2).
Di recente ho letto di una donna cristiana che chiedeva: “Se ci saranno moltitudini di persone in cielo che non possono neanche essere contate, com’è possibile che Dio abbia preparato una casa per ciascuna di esse? Come ci può essere spazio per così tante dimore?”.


Consideriamo le parole di Gesù al proposito:“Vado a prepararvi un luogo”.
Queste parole dovrebbero avere un significato per noi. Alcuni studiosi della Bibbia interpretano il significato di Gesù qui come “molte abitazioni”. Questo può essere accurato o no. Io so solo questo: se Cristo ne è il costruttore, allora possiamo stare certi che sarà qualcosa di glorioso.
Mentre ciascun di noi pensa al posto che il Signore sta costruendo per noi, non dovremmo immaginarci un edificio di mattoni o di roba del genere. Piuttosto, le sue abitazioni sono di tutt’altra materia. Come esseri umani, non riusciamo a concepire un luogo in cui il corpo possa passare attraverso tutte le sostanze materiali. (Gesù lo ha fatto dopo la Risurrezione, e dice che in cielo i nostri corpi glorificati saranno come il suo). Questa dimensione non è stata ancora scoperta dagli scienziati, ed è completamente diversa da quello che potremmo comprendere.
Il punto importante che Gesù stabilisce a proposito del cielo è: “Questa è casa. Voi vivrete eternamente dove vivo io”. “E quando sarò andato e vi avrò preparato il posto, ritornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io siate anche voi” (Giovanni 14:3). Per dirla in parole povere, c’è una casa nell’eternità per ciascuno di noi. E, Gesù dice in sostanza: “Quando verrà quel giorno – quando voi sarete qui con me – Io personalmente vi mostrerò cosa ho costruito per voi”.
6. In cielo non ci saranno arti paralizzati, né cecità o sordità, né corpi decadenti. La Bibbia dice che in cielo avremo dei corpi nuovi. Naturalmente, questa è una dottrina ben nota dei cristiani, e Paolo aveva molto da dire sull’argomento. Scrive: “Ma dirà qualcuno: «Come risuscitano i morti, e con quale corpo verranno?»” (1 Corinzi 15:35). In altre parole, la gente potrà chiedersi: “Quale genere di corpo risusciterà dalla morte?”.


Paolo risponde che il corpo che va nella tomba non è quello che ne risorgerà.
“E quanto a quello che semini, tu non semini il corpo che ha da nascere, ma un granello ignudo, che può essere di frumento o di qualche altro seme. E Dio gli dà un corpo come ha stabilito, e a ciascun seme dà il suo proprio corpo” (15:37-38). In altre parole: “I corpi che abiteremo in cielo saranno a sua somiglianza. Saranno celesti e non terrestri”.
Secondo Paolo, il nostro corpo fisico è “seminato in corruzione” ma “risorgerà incorruttibile”. Per dirla in parole povere, quando il nostro corpo è “seminato” – o sepolto – è un corpo naturale o terrestre. Ma quando risorgerò, sarà celeste. Il corpo che avremo allora sarà “glorificato” dalla potenza della risurrezione di Cristo.
La Scrittura non dice mai che Dio cercherà ogni arto perduto, ogni dente perduto, ogni granello di polvere del nostro corpo naturale, e li rimetterà in qualche modo insieme. Al contrario, Paolo insegnava: “In un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba; la tromba infatti suonerà, i morti risusciteranno incorruttibili e noi saremo mutati” (15:52).


I nostri corpi glorificati saranno a somiglianza di Cristo.
In quel giorno glorioso, le tombe si apriranno. E nella sua magnifica potenza, il Signore ci darà nuovi corpi eterni. Questi corpi saranno ad immagine del santo e del giusto, e non si corromperanno mai. E quando ciò accadrà, tutti parleremo la stessa lingua, una nuova lingua che tutti comprenderemo. Infatti, ogni cosa sarà nuova.
La cosa che più mi entusiasma è quello che accadrà ai milioni di bambini morti in tutte le epoche. In un istante, questi cari risorgeranno con corpi nuovi. Penso ai bambini i cui corpi sono stati devastati dalla malattia, la cui carne è stata immolata nei genocidi, i cui corpi sono stati dilaniati dalle bombe.
Penso inoltre agli uomini e alle donne i cui corpi sono stati scomposti dalla malattia, corpi che sono stati chiusi nelle bare. Penso ai martiri di tutte le epoche che sono morti per torture, con i corpi straziati, segati in due, decapitati, bruciati dal fuoco. Tutte queste persone usciranno dalla tomba con un corpo nuovo, che non conoscerà mai più la corruzione o il dolore.
Riesco difficilmente a comprenderlo – ma il cuore comunque gioisce!
7. In cielo non esisteranno più orologi, perché il tempo non ci sarà più.
Giovanni scrive che un angelo apparve davanti a lui e rimase con i piedi sulla terra e sul mare. L’angelo poi levò il braccio al cielo e, secondo Giovanni: “giurò per colui che vive nei secoli dei secoli, il quale ha creato il cielo e le cose che sono in esso, la terra e le cose che sono in essa, il mare e le cose che sono in esso, che non vi sarebbe più alcun ritardo” (Apocalisse 10:6).
Questo è uno dei concetti più difficili che la mia mente possa capire.
Verrà il momento in cui il tempo stesso sarà spazzato via. Immaginate un po’: non ci saranno più gli anni, i mesi o le settimane, non ci saranno i giorni, le ore, i minuti o i secondi. Non ci sarà niente a scandire il tempo, né la notte o il giorno, perché Cristo sarà la luce in paradiso.
Un pastore puritano cercò di descrivere alla sua congregazione l’infinità dell’eternità. Disse loro di cercare di immaginare che l’eternità è sempre stata e sarà sempre, non ha inizio né fine. Diede loro questa illustrazione: “Immaginatevi la terra come una pallina di sabbia, dalla circonferenza di 40.000 chilometri. Ogni mille anni, un uccello vola e porta via un granello di sabbia. Quando quella creatura sottrarrà l’ultimo granello, l’eternità sarà appena iniziata”.
In altre parole, nel grande schema dell’eternità, il “tempo” fa solo una breve apparizione. Verrà il giorno in cui il tempo non servirà più e ce ne sbarazzeremo. Per me è incredibile pensare ad una cosa del genere.
Paolo riassume questo concetto con un’ammonizione per tutto il popolo di Dio.
Paolo esulta: “Ma ringraziato sia Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo” (1 Corinzi 15:57).
Molti cristiani citano questo verso tutti i giorni, applicandolo alle loro prove e alle loro tribolazioni. Ma il concetto che Paolo spiega qui suggerisce un significato più profondo. Proprio qualche verso prima, Paolo afferma: “La morte è stata inghiottita nella vittoria. O morte, dov'è il tuo dardo? O inferno, dov'è la tua vittoria?” (1 Corinzi 15:54-55).
Paolo stava parlando in maniera eloquente del suo desiderio di andare in cielo. Scriveva: “Sappiamo infatti che se questa tenda, che è la nostra abitazione terrena, viene disfatta, noi abbiamo da parte di Dio un edificio, un'abitazione non fatta da mano d'uomo eterna nei cieli. Poiché in questa tenda noi gemiamo, desiderando di essere rivestiti della nostra abitazione celeste” (2 Corinzi 5:1-2). L’apostolo aggiunge poi: “Ma siamo fiduciosi e abbiamo molto più caro di partire dal corpo e andare ad abitare con il Signore” (5:8).
Secondo Paolo, il cielo – cioè stare per tutta l’eternità alla presenza del Signore – è qualcosa che dovremmo desiderare con tutto il cuore.
Mentre considero le cose che la Scrittura dice che in cielo non ci saranno, inizio a vedere una immagine gloriosa. Prima di tutto, immagino la descrizione di Gesù di un’immensa moltitudine, dove gli angeli “ con un potente suono di tromba, raccoglieranno i suoi eletti dai quattro venti, da una estremità dei cieli all'altra” (Matteo 24:31).
Quando tutte queste moltitudini saranno riunite, immagino che avverrà una grande marcia di vittoria in cielo. Quasi tutti conoscono il canto: “E quando in ciel” (O when the saints go marching in). Cercate di immaginare quel canto realizzato letteralmente in cielo, con milioni di bambini glorificati che cantano osanna al Signore, come avevano fatto nel tempio. Che suono di vittoria e di lode, sarà: moltitudini di orfani grideranno: “Padre!”. Immagino la gioia che sprizzerà dal volto di Gesù. “Di loro è il regno di Dio”, ha dichiarato. Poi verranno tutti i martiri. Quelli che un tempo avevano gridato giustizia sulla terra ora gridano: “Santo, santo, santo!”. Immagino i decapitati che si toccano la testa e dicono: “Siamo di nuovo sani”. Quelli che erano stati segati in due, cercheranno i segni dell’agonia sui loro corpi ma non ne troveranno. Quelli che sono stati bruciati ora avranno corpi sani, senza traccia o odore di fumo. Tutti loro danzeranno di gioia, gridando: “Vittoria, vittoria in Gesù!”.
Poi si udirà un potente boato, un suono mai udito prima. È la chiesa di Gesù Cristo, con moltitudini di persone da ogni nazione e tribù. In questo gruppo ci saranno quelli che un tempo erano stati drogati o alcolizzati… persone un tempo cieche o malate… gente un tempo povera, in vedovanza e costretta a mendicare. Immagino fra di loro la vedova povera che aveva gettato con fede pochi spiccioli nella colletta, quando non aveva nient’altro. Forse tutto ciò vi sembra inverosimile, ma Paolo stesso lo testimonia. Quando il fedele apostolo fu portato in cielo, “udì parole ineffabili, che non è lecito ad alcun uomo di proferire” (2 Corinzi 12:4). Paolo disse di essere rimasto stupefatto dalle parole che aveva sentito. Credo che siano stati questi i suoni da lui uditi. Vide in precedenza i canti e le lodi a Dio di quelli che un giorno godranno alla sua presenza, con il corpo sano e l’anima piena di gioia e di pace. Fu un suono glorioso che Paolo riuscì a sentire ma non poté ripetere.
Carissimi fratelli, che il cielo diventi il vostro desiderio più intenso. Gesù sta per tornare per quelli che desiderano stare con lui per sempre!