martedì 6 maggio 2008


I GEMITI DELLO SPIRITO SANTO IN NOI


di Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni, 6,2

Lo Spirito Santo geme in noi, perché fa gemere noi. Non è cosa da poco che lo Spirito ci insegna a gemere: ci fa capire così che siamo pellegrini, ci insegna a sospirare verso la patria, e per questo desiderio ci fa gemere. Chi invece si trova bene in questo mondo, o meglio crede di starvi bene, chi esulta nelle cose della carne e nell`abbondanza dei beni terreni, e della felicità menzognera, costui ha la voce di un corvo; e il corvo gracchia, non geme. Ma colui che conosce il peso opprimente della natura mortale e sa di peregrinare lontano dal Signore e di non possedere ancora quella beatitudine eterna che ci è stata promessa (la possiede con la speranza, ma l`avrà realmente quando il Signore, dopo la sua venuta nel nascondimento dell`umiltà, verrà nella luce della sua gloria), colui che sa tutto questo, geme. E finché geme per questo, santamente geme: è lo Spirito che gli insegna a gemere, dalla colomba ha imparato a gemere. Perché molti, infatti, gemono a causa dell`infelicità terrena, perché squassati dalla sfortuna, o gravati oltre ogni modo dalle malattie, perché chiusi in carcere, o avvinti in catene, o sbattuti dai flutti del mare; circondati dalle invidie dei loro nemici, gemono. Ma non gemono, costoro, con il gemito della colomba, non gemono per amore di Dio, non gemono nello Spirito. Perciò, appena liberati da tutte queste tribolazioni, niente sarà più rumoroso della loro gioia, lasciando vedere che sono corvi, non colombe.

IL FRUTTO DELLO SPIRITO SANTO

di Giovanni Crisostomo, Commento alla lettera ai Romani, 1,3-4

A quanti, in Roma, siete prediletti da Dio e chiamati ad esser santi (Rm 1,7)... Giacché, infatti, era verosimile che, fra i credenti, certi provenissero dalla classe dirigente, mentre altri fossero privati cittadini e di modeste condizioni, Paolo, prescindendo da qualsiasi discriminazione di carattere sociale, si rivolge loro con un unico appellativo. Se, d`altronde, nelle cose più importanti e di carattere spirituale, come l`amore di Dio, la vocazione, il Vangelo, l`adozione a figli di Dio, la grazia, la pace, la santificazione e tutto il resto; se in queste cose, dicevo, tutto è ugualmente accessibile tanto agli schiavi quanto agli uomini liberi, non sarebbe allora il colmo della follia ritenere che coloro che Dio ha unito e reso eguali nelle cose più importanti, debbano poi distinguersi l`uno dall`altro in considerazione della rispettiva posizione sociale? Fin dall`esordio, perciò, il beato apostolo, nell`intento di stornare questo terribile vizio, invita i fedeli all`umiltà, madre di tutte le virtù. Ciò rendeva, da un lato, migliori gli schiavi, giacché essi apprendevano a non temere alcun danno dalla loro schiavitù, dal momento che godevano dell`autentica libertà; i padroni, d`altra parte, venivano ammaestrati a non aspettarsi alcun vantaggio dalla loro libertà, se non avessero anteposto a tutto le cose riguardanti la fede. Perché, d`altronde, tu comprenda che Paolo, nel far questo, non creava confusione né sconvolgeva ogni cosa, ma introduceva, anzi, un validissimo criterio di distinzione; perché tu comprenda questo, dicevo, egli non scrive semplicemente: «A tutti voi che siete a Roma» bensì esclusivamente «a quanti siete prediletti da Dio». Questa, infatti, è un`eccellente discriminante e, inoltre, mostra chiaramente donde provenga la santificazione.
Da dove, allora, proviene la santità? Dall`amore. Dopo aver detto, infatti, «ai prediletti da Dio», Paolo soggiunge: ...«chiamati ad esser santi»; mostrando, così, come questa sia la fonte di tutti i beni. Per santi, poi, egli intende tutti i fedeli. Grazia e pace a voi! (Rm 1,7). Di quanto bene è foriero un augurio del genere! Cristo stesso comanda agli apostoli di pronunciare anzitutto queste parole, all`atto di entrare in una casa. Paolo, pertanto, è sempre in questo modo che esordisce, cioè dall`augurio di grazia e di pace. La guerra che Cristo ha combattuto, infatti, non è stata piccola, ma incessante, molteplice e quotidiana; e ciò non certo per i nostri sforzi, ma per la sua grazia. Poiché, dunque, l`amore ha recato la grazia, e la grazia a sua volta è stata portatrice di pace, Paolo prega, con quella sua forma di saluto, che la grazia e la pace persistano saldamente e non si scateni una nuova guerra. Per questo rivolge la sua preghiera a colui che elargisce questi doni, affinché li conservi durevolmente, e lo implora con le parole: Grazia e pace a voi da parte di Dio, nostro Padre, e del Signore Gesù Cristo (Rm 1,7). Ed ecco che, a questo punto, quel «da parte di» risulta riferito, allo stesso modo, sia al Padre che al Figlio: è come se Paolo indicasse, in questo modo, la fonte donde provengono la grazia e la pace. Non ha detto, infatti: «Grazia e pace a voi da parte di Dio Padre per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo», ma «da parte di Dio, nostro Padre, e del Signore Gesù Cristo».
Che risultato straordinario ha ottenuto l`amore di Dio! I nemici e i malvagi sono immediatamente divenuti santi e figli di Dio. Quando il Padre chiama, infatti, è ai suoi figli che si rivolge, mostrando, così, tutto il tesoro dei suoi beni. Cerchiamo di conservare, dunque, un patrimonio così prezioso, conducendo una vita degna e perseverando nella pace e nella santità. Gli altri onori, infatti, sono destinati a sparire e passano insieme con la vita presente: anche con il denaro si possono acquistare. Hanno soltanto il nome di prestigioso e affidano la loro forza allo sfarzo degli abiti e all`adulazione dei cortigiani. Questo dono della santità e dell`adozione, appunto perché ottenuto da Dio, non ci verrà tolto con la morte, ma, dopo averci fatto risplendere in questo mondo, rimarrà insieme a noi anche nella vita futura. Chi conserva l`adozione da parte di Dio, infatti, e custodisce premurosamente la propria santità, appare di gran lunga più splendido e più felice di colui che si cinge d`un diadema o si veste di porpora; nella vita presente egli gode di una grande tranquillità, nutrendo la buona speranza, non avendo alcuna occasione per turbarsi e angosciarsi e rimanendo, insomma, sempre felice. Non la grandezza del potere, infatti, né la forza del denaro né l`ostentazione del lusso né l`energia del corpo né l`abbondanza dei cibi né lo sfarzo nel vestire né alcun`altra cosa umana valgono a donare il buonumore e l`allegria, ma soltanto la giusta dimensione spirituale e la buona coscienza. Colui che ha cura di serbare questa pura, potrà anche esser vestito di stracci e tormentato dalla fame, ma sarà sempre più lieto di coloro che vivono nel lusso più smodato; chi, invece, è cosciente dei propri torti, benché circondato da grandi ricchezze, sarà il più infelice di tutti. Per questo Paolo, a dispetto della continua fame e della nudità e delle frustate che ogni giorno era costretto a subire, era contento e felice più dei re; Acab, invece, pur regnando e godendo di ogni delizia, per il fatto di aver commesso quel peccato (cf. 1Re 16,29ss), piangeva, stava in apprensione e il suo volto appariva depresso, sia prima che dopo il peccato.
Se vogliamo, dunque, esser felici, fuggiamo anzitutto il male e pratichiamo la virtù, giacché non esiste altra via per conquistare la gioia, anche se salissimo sul trono stesso dei re. E` per questo che Paolo avvertiva: Il frutto dello Spirito è la carità, la gioia, la pace (Gal 5,22). Conservando, perciò, con cura questo frutto in noi, quaggiù potremo esser felici e, un giorno, ci renderemo meritevoli di conseguire il regno futuro.

IL BATTESIMO NELLO SPIRITO SANTO

di Giacinto Butindaro

Il battesimo con lo Spirito Santo è una esperienza successiva alla conversione.

Dopo che un anima si pente dei suoi peccati e si converte a Dio, ottenendo il perdono dei peccati e la salvezza eterna mediante la fede in Gesù Cristo; oltre che farsi immediatamente battezzare da un ministro del Vangelo in acqua per immersione, nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo, battesimo questo che è la richiesta di una buona coscienza fatta a Dio (cfr. 1 Piet. 3:21) e che simboleggia il seppellimento del vecchio uomo e la resurrezione dell'uomo nuovo avvenuti in chi ha creduto (cfr. Rom. 6:3-4), egli deve pure desiderare fortemente di essere battezzato con lo Spirito Santo da Gesù Cristo, sì perché questo è un battesimo che a differenza di quello in acqua è ministrato direttamente da Gesù Cristo secondo che è scritto: "Lui vi battezzerà con lo Spirito Santo" (Mar. 1:8). E inoltre mentre con il battesimo in acqua si richiede a Dio una buona coscienza (oltre che essere seppelliti nella morte di Cristo ed essere risuscitati in novità di vita, nel senso che il battesimo simboleggia queste due fasi che sono già avvenute alla conversione), con il battesimo con lo Spirito Santo si viene rivestiti di potenza dall’alto secondo che disse Gesù Cristo stesso, che è Colui che ministra questo battesimo: "Voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su voi" (Atti 1:8), ossia la potenza per testimoniare in questo mondo malvagio della grazia salutare di Dio manifestata in Cristo Gesù.
Questo battesimo fu sperimentato dai discepoli di Gesù Cristo il giorno della Pentecoste successivo alla sua ascensione in cielo alla destra del Padre, e quindi pochi giorni dopo che egli fu assunto in cielo perché la sua assunzione avvenne dopo quaranta giorni la sua resurrezione avvenuta durante la Pasqua giudaica e la Pentecoste cadeva cinquanta giorni dopo la Pasqua. Questo fu l’adempimento delle seguenti parole che sempre Gesù Cristo aveva pronunciato prima di essere assunto in cielo: "Voi sarete battezzati con lo Spirito Santo fra non molti giorni" (Atti 1:5).
Troviamo la narrazione di questo evento nel secondo capitolo del libro degli Atti: "E come il giorno della Pentecoste fu giunto, tutti erano insieme nel medesimo luogo. E di subito si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, ed esso riempì tutta la casa dov’essi sedevano. E apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano, e se ne posò una su ciascuno di loro. E tutti furon ripieni dello Spirito Santo, e cominciarono a parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito dava loro d’esprimersi. Or in Gerusalemme si trovavan di soggiorno dei Giudei, uomini religiosi d’ogni nazione di sotto il cielo. Ed essendosi fatto quel suono, la moltitudine si radunò e fu confusa, perché ciascuno li udiva parlare nel suo proprio linguaggio. E tutti stupivano e si maravigliavano, dicendo: Ecco, tutti costoro che parlano non son eglino Galilei? E com’è che li udiamo parlare ciascuno nel nostro proprio natìo linguaggio? Noi Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia Cirenaica, e avventizî Romani, tanto Giudei che proseliti, Cretesi ed Arabi, li udiamo parlar delle cose grandi di Dio nelle nostre lingue. E tutti stupivano ed eran perplessi dicendosi l’uno all’altro: Che vuol esser questo? Ma altri, beffandosi, dicevano: Son pieni di vin dolce. Ma Pietro, levatosi in piè con gli undici, alzò la voce e parlò loro in questa maniera: Uomini giudei, e voi tutti che abitate in Gerusalemme, siavi noto questo, e prestate orecchio alle mie parole. Perché costoro non sono ebbri, come voi supponete, poiché non è che la terza ora del giorno: ma questo è quel che fu detto per mezzo del profeta Gioele: E avverrà negli ultimi giorni, dice Iddio, che io spanderò del mio Spirito sopra ogni carne; e i vostri figliuoli e le vostre figliuole profeteranno, e i vostri giovani vedranno delle visioni, e i vostri vecchi sogneranno dei sogni. E anche sui miei servi e sulle mie serventi, in quei giorni, spanderò del mio Spirito, e profeteranno. E farò prodigi su nel cielo, e segni giù sulla terra; sangue, e fuoco, e vapor di fumo. Il sole sarà mutato in tenebre, e la luna in sangue, prima che venga il grande e glorioso giorno, che è il giorno del Signore. Ed avverrà che chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato" (Atti 2:1-21).

Come si riceveva il battesimo con lo Spirito

Questo battesimo si poteva ricevere sia tramite l’imposizione delle mani che senza, infatti nel libro degli Atti degli apostoli i circa centoventi a Gerusalemme e Cornelio e i suoi a Cesarea lo ricevettero senza l’imposizione delle mani di nessuno (cfr. Atti 2:1-4; 10:44-46; 11:15); mentre i credenti di Samaria (cfr. Atti 8:14-17), i circa dodici discepoli ad Efeso come anche l’apostolo Paolo lo ricevettero tramite l’imposizione delle mani (cfr. Atti 19:6: 9:17).

Le lingue e l'interpretazione

Come abbiamo visto poco fa, il battesimo con lo Spirito Santo sperimentato dai discepoli il giorno della Pentecoste fu un riempimento di Spirito Santo, riempimento che fu immediatamente accompagnato da un parlare in lingue straniere a loro sconosciute. Fenomeno questo predetto da Gesù Cristo quando disse a proposito dei segni che accompagneranno coloro che avranno creduto "nel mio nome …. parleranno in lingue nuove" (Mar. 16:17). E fenomeno questo che accompagnò anche altri battesimi con lo Spirito Santo registrati nel libro degli Atti (non in tutti gli altri battesimi con lo Spirito Santo registrati viene menzionato il fenomeno del parlare in lingue, ma questo solo perchè Dio non volle che fosse scritto proprio in tutti i casi e non perché non si verificò in tutti i casi), che sono quello della casa di Cornelio secondo che è scritto: "Mentre Pietro parlava così, lo Spirito Santo cadde su tutti coloro che udivano la Parola. E tutti i credenti circoncisi che erano venuti con Pietro, rimasero stupiti che il dono dello Spirito Santo fosse sparso anche sui Gentili; poiché li udivano parlare in altre lingue, e magnificare Iddio" (Atti 10:44-46); e il caso dei circa dodici discepoli di Efeso secondo che è scritto: "Udito questo, furon battezzati nel nome del Signor Gesù; e dopo che Paolo ebbe loro imposto le mani, lo Spirito Santo scese su loro, e parlavano in altre lingue, e profetizzavano. Erano, in tutto, circa dodici uomini" (Atti 19:5-7).
Il parlare in altre lingue quindi è, in base all’insegnamento biblico, il segno esteriore che caratterizza o che evidenzia il battesimo con lo Spirito Santo.
Riguardo al parlare in altre lingue va però precisato che mentre tutti coloro che sperimentano il battesimo con lo Spirito Santo parlano in lingue, non tutti hanno il dono della diversità delle lingue perché questo è la capacità data dallo Spirito Santo solo ad alcuni credenti di parlare più lingue straniere e non una sola (cfr. 1 Cor. 12:10). Ecco perché Paolo dice ai santi di Corinto: "Parlan tutti in altre lingue?" (1 Cor. 12:30).
Il parlare in lingue è un parlare rivolto a Dio perché Paolo dice: "Perché chi parla in altra lingua non parla agli uomini, ma a Dio; poiché nessuno l’intende, ma in ispirito proferisce misteri" (1 Cor. 14:2).
Questi misteri possono consistere in preghiere rivolte a Dio in favore dei santi: "Parimente ancora, lo Spirito sovviene alla nostra debolezza; perché noi non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede egli stesso per noi con sospiri ineffabili; e Colui che investiga i cuori conosce qual sia il sentimento dello Spirito, perché esso intercede per i santi secondo Iddio" (Rom. 8:26-27); in cantici e ringraziamenti rivolti a Dio perché Paolo dice: "Che dunque? Io pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l’intelligenza; salmeggerò con lo spirito, ma salmeggerò anche con l’intelligenza. Altrimenti, se tu benedici Iddio soltanto con lo spirito, come potrà colui che occupa il posto del semplice uditore dire ‘Amen’ al tuo rendimento di grazie, poiché non sa quel che tu dici? Quanto a te, certo, tu fai un bel ringraziamento; ma l’altro non è edificato" (1 Cor. 14:15-17).
Questo parlare in lingue in certe occasioni viene compreso da persone presenti che non sono ancora dei Cristiani, in altre parole avviene la stessa cosa che avvenne il giorno della Pentecoste a Gerusalemme. E naturalmente il fatto che coloro che parlano in altre lingue non abbiano imparato presso nessuna scuola la lingua straniera che parlano per lo Spirito, suscita grande meraviglia in quegli uditori che li ascoltano parlare. In questo caso il parlare in lingue serve di segno per i non credenti (cfr. 1 Cor. 14:22). E in certi casi questa meraviglia porta la persona che ha udito esterrefatto parlare nella lingua del suo paese a convertirsi al Signore. Il giorno della Pentecoste i Giudei che erano di soggiorno a Gerusalemme, quando si riunirono presso il luogo dove i circa centoventi discepoli parlavano in altre lingue, rimasero meravigliati nel sentire quei Galilei parlare delle cose grandi di Dio nelle loro lingue natie, e dopo che Pietro parlò loro, molti di loro si convertirono (cfr. Atti 2:5-41).
Ci sono poi casi in cui il parlare in altra lingua viene inteso anche da certi credenti, ma non perchè hanno imparato quella lingua a scuola o perchè è la lingua del loro paese, ma perché hanno ricevuto dallo Spirito Santo il dono dell’interpretazione delle lingue (cfr. 1 Cor. 12:10). In questo caso il credente che ha questo dono sarà in grado di interpretare per la chiesa riunita il parlare straniero, interpretazione che sarà di edificazione alla chiesa secondo che è scritto: "Or io ben vorrei che tutti parlaste in altre lingue; ma molto più che profetaste; chi profetizza è superiore a chi parla in altre lingue, a meno ch’egli interpreti, affinché la chiesa ne riceva edificazione" (1 Cor. 14:5). La Chiesa sarà edificata nel sentire in una lingua conosciuta quella preghiera o quel cantico pronunciato per lo Spirito in una lingua sconosciuta, e potrà dire: ‘Amen!’
Quando la chiesa è riunita, se c’è chi parla in altra lingua devono essere due o tre al più a parlare in altra lingua, e uno dopo l’altro, e uno deve interpretare. Se non c’è chi interpreta però, essi si devono tacere e parlare a se stessi e a Dio (cfr. 1 Cor. 14:27-28).
Chi parla in altra lingua deve pregare di potere interpretare (cfr. 1 Cor. 14:13).
Il parlare in altra lingua non va impedito (cfr. 1 Cor. 14:39).

Il dono di profezia

Per ciò che concerne il dono di profezia, esso è un dono dello Spirito Santo mediante il quale chi lo possiede, quando vuole lo Spirito, "parla agli uomini un linguaggio di edificazione, di esortazione e di consolazione" (1 Cor. 14:3). E’ un dono che possiedono tutti coloro che hanno il ministero di profeta, ma da solo non rende profeti perché oltre al dono di profezia il profeta ha anche dei doni di rivelazione (dono di parola di sapienza, dono di parola di conoscenza, discernimento degli spiriti).
Nella Scrittura abbiamo molti esempi di profezie, ecco alcune di queste profezie.
Isaia, profeta di Dio, mediante lo Spirito, (in profezia) proferì agli uomini queste parole di edificazione: "Porgete orecchio, e date ascolto alla mia voce! State attenti, e ascoltate la mia parola! L’agricoltore ara egli sempre per seminare? Rompe ed erpica egli sempre la sua terra? Quando ne ha appianata la superficie, non vi semina egli l’aneto, non vi sparge il comino, non vi mette il frumento a solchi, l’orzo nel luogo designato, e il farro entro i limiti ad esso assegnati? Il suo Dio gl’insegna la regola da seguire e l’ammaestra. L’aneto non si trebbia con la trebbia, nè si fa passar sul comino la ruota del carro; ma l’aneto si batte col bastone, e il comino con la verga. Si trebbia il grano; nondimeno, non lo si trebbia sempre; vi si fan passare sopra la ruota del carro ed i cavalli, ma non si schiaccia. Anche questo procede dall’Eterno degli eserciti; maravigliosi sono i suoi disegni, grande è la sua sapienza" (Is. 28:23-29).
Un esempio di linguaggio di esortazione proferito mediante il dono di profezia è questo: "O trasgressori, rientrate in voi stessi!... L’Eterno degli eserciti, quello, santificate! Sia lui quello che temete e paventate!... Lavatevi, purificatevi, togliete d’innanzi agli occhi miei la malvagità delle vostre azioni; cessate dal fare il male; imparate a fare il bene; cercate la giustizia, rialzate l’oppresso, fate ragione all’orfano, difendete la causa della vedova!" (Is. 46:8; 8:13; 1:16,17).
Un esempio di linguaggio di consolazione proferito in profezia è questo: "Io, io son colui che vi consola; chi sei tu che tu tema l’uomo che deve morire, e il figliuol dell’uomo che passerà com’erba?... Ascoltatemi, o voi che conoscete la giustizia, o popolo che hai nel cuore la mia legge! Non temete l’obbrobrio degli uomini, nè siate sgomenti per i loro oltraggi. Poiché la tignola li divorerà come un vestito, e la tarma li roderà come la lana...Non temere, perchè io t’ho riscattato, t’ho chiamato per nome; tu sei mio! Quando passerai per delle acque, io sarò teco; quando traverserai dei fiumi, non ti sommergeranno; quando camminerai nel fuoco non ne sarai arso, e la fiamma non ti consumerà" (Is. 51:12; 51:7,8; 43:1,2).
Il dono di profezia è il dono che Paolo esorta a bramare prima di tutti gli altri: "Procacciate la carità, non lasciando però di ricercare i doni spirituali, e principalmente il dono di profezia" (1 Cor. 14:1).
Quando si manifesta il dono di profezia non c'è una predizione di uno specifico evento futuro (la nascita di qualcuno, la morte di qualcuno, una guerra, un terremoto, ecc.), perchè come vedremo quest'ultima viene data con il dono di parola di sapienza.

L'utilità del battesimo con lo Spirito Santo, del parlare in lingue, dell'interpretazione e della profezia

E' evidente da quello che si apprende dalla Scrittura che il battesimo con lo Spirito Santo, il parlare in altra lingua, l'interpretazione del parlare in altra lingua e la profezia sono tutte manifestazioni spirituali utili ai santi. Non potrebbe essere altrimenti, dato che procedono da Dio che "ha fatto ogni cosa per uno scopo" (Prov. 16:4) e la manifestazione dello Spirito è data per l'utile comune (cfr. 1 Cor. 12:7). Ho già fatto capire la loro utilità ma voglio soffermarmi ancora su di essa.
In merito al battesimo con lo Spirito Santo esso conferisce potenza al credente perchè egli viene rivestito di potenza dall'alto. E questo lo si capisce considerando l'effetto che ebbe il battesimo con lo Spirito Santo sui discepoli del Signore il giorno della Pentecoste. Si veda il loro coraggio e la loro franchezza nel testimoniare del Vangelo di Dio in mezzo alla persecuzione dopo quel giorno per capire quanto utile sia il battesimo con lo Spirito Santo.
Il parlare in altra lingua è utile all'edificazione del credente che parla in altra lingua. "Chi parla in altra lingua edifica se stesso" (1 Cor. 14:4), dice Paolo, quindi mediante questa manifestazione il credente si sente ricaricato spiritualmente anche se non intende quello che dice per lo Spirito. Ora, chi è quel credente che non vuole edificare se stesso? Credo che non ci sia. E poi chi parla in altra lingua prega Dio per dei fratelli in altra lingua, nel senso che intercede per i santi mediante lo Spirito Santo, ed anche questo è una cosa utile perchè un fratello viene da Dio messo in grado di pregare per qualcuno che non conosce per dei bisogni che non conosce. In altre parole egli viene messo in grado di fare qualcosa che umanamente è impossibile a motivo della limitata conoscenza umana. E la stessa utilità ce l'ha anche il cantare in altra lingua e il rendere grazie in altra lingua, prima di tutto perchè Dio prende piacere nelle lodi e nelle azioni di grazie che gli vengono rivolte, e poi perchè in questo caso si tratta di cantici e di azioni di grazie proferiti non basandoci sulla nostra intelligenza e sulla nostra conoscenza, ma sospinti dallo Spirito e quindi siamo certi che essi sono pienamente ispirati. Ovviamente affinché la Chiesa ne riceva utilità dal parlare in altra lingua, esso ha bisogno di essere interpretato; solo allora infatti essa potrà intenderlo e dire: 'Amen' e rimanere edificata. Ecco allora l'utilità del dono dell'interpretazione delle lingue. Ma basta considerare che mediante questo dono lo Spirito dà di intendere quello che lo Spirito ha detto in favore di un fratello a noi sconosciuto che magari si trova in chissà quale bisogno a noi sconosciuto, per capire la sua utilità.
Riguardo al parlare in altra lingua occorre poi dire che esso può contribuire alla conversione degli increduli, perchè le lingue servono di segno per i non credenti (cfr. 1 Cor. 14:22), nel senso che gli mostrano o fanno capire che Dio è con noi e opera in maniera tremenda e li attraggono a Cristo. Questo avviene quando il non credente riconosce che chi sta parlando in altra lingua sta parlando in una lingua a lui sconosciuta senza conoscerla.
Per ciò che concerne la profezia, essa consola, edifica, esorta; fa quindi delle cose di cui c'è bisogno nella chiesa. C'è di più essa rivela i pensieri nascosti nel cuore dell'uomo infatti Paolo dice ai santi di Corinto: "Ma se tutti profetizzano, ed entra qualche non credente o qualche estraneo, egli è convinto da tutti, è scrutato da tutti, i segreti del suo cuore son palesati; e così, gettandosi giù con la faccia a terra, adorerà Dio, proclamando che Dio è veramente fra voi" (1 Cor. 14:24-25). Quindi tramite questo dono viene esaltato Dio e si possono convertire degli increduli.

Le falsificazioni

In mezzo alla Chiesa di Dio esistono anche falsi battesimi con lo Spirito Santo e quindi falsi parlare in lingue, come anche esistono false interpretazioni e false profezie. Come riconoscere queste mistificazioni?
Per ciò che riguarda il falso battesimo con lo Spirito Santo con il relativo falso parlare in lingue, esso si riconosce dal fatto che chi dice di averlo ricevuto non ha ricevuto alcuna potenza dall'alto. Il battesimo con lo Spirito Santo infatti conferisce potenza al credente, cosa che ovviamente un battesimo inventato non può fare. Ma c'è anche un'altra maniera per riconoscerlo, infatti dato che il parlare in lingue in questo caso è frutto della propria astuzia o immaginazione, questo parlare non costituisce un vero linguaggio in una lingua sconosciuta, ma semplicemente un cumulo di sillabe e parole messe assieme alla rinfusa per dare l'impressione a chi ascolta che si tratta di una vera lingua straniera. E poi mancano i sospiri ineffabili di cui parla Paolo ai santi di Roma, e che contraddistinguono il pregare in altra lingua.
Per ciò che concerne le false interpretazioni, esse si possono riconoscere dal fatto che non costituiscono un parlare rivolto a Dio, come una preghiera, un cantico o un rendimento di grazie, ma un parlare rivolto agli uomini cosa che non può essere perchè chi parla in altra lingua non parla agli uomini ma a Dio (cfr. 1 Cor. 14:1) e di conseguenza anche l’interpretazione deve essere rivolta a Dio. Un'altra maniera per riconoscerle è quello di andare a interpellare chi ha proferito questi 'messaggi rivolti agli uomini' domandandogli come faccia a interpretare le lingue. Io so che la risposta in taluni casi è pressappoco la seguente: 'Io vedo quale sia il problema che c'è nella chiesa e mi oriento di conseguenza'!!!, o 'Anche se non ho inteso quello che è stato detto in altra lingua, l'importante è che io non dica nulla che sia fuori dottrina'!!! Da queste risposte si può tranquillamente evincere che chi pretende di interpretare non possiede il dono dell'interpretazione delle lingue. Questi 'cosiddetti messaggi in lingue' quindi sono delle manifestazioni che vengono all'occorrenza inventate.
Le false profezie si possono riconoscere dal fatto che consolano qualcuno quando costui non ha bisogno di consolazione ma di una severa riprensione (lo Spirito Santo riprende i dissoluti e non li consola); riprendono qualcuno invece quando costui ha bisogno di una consolazione. Per esempio, se un fratello dice in comunità che dato che occorre santificarsi è bene astenersi dall'andare al mare a mettersi mezzi nudi, dal guardare l'immondizia che viene trasmessa alla televisione, e viene perseguitato da certi credenti carnali e qualcuno di questi in profezia lo 'riprende' accusandolo di gettare scompiglio nella chiesa o di dire falsità, quella è una falsa profezia. Lo Spirito Santo infatti attesta che queste cose sono cose da cui i santi si devono astenere e non può riprendere chi le riprova. Un altro caso simile può essere quello di una profezia che incoraggia un credente chiamato dal Signore quando era divorziato a risposarsi. In questo caso la profezia è falsa perchè il credente viene incoraggiato a fare una cosa che si oppone alla sana dottrina, essendo che lui non può risposarsi fino a che vive sua moglie.
Ogni qualvolta la profezia si oppone all'insegnamento biblico, essa è falsa perchè lo Spirito Santo che è la verità (cfr. 1 Giov. 5:6) non può andare contro la Parola di Dio che è verità (cfr. Giov. 17:17). In questo caso dunque la profezia non è proferita dallo Spirito Santo ma da qualche altro spirito. Se invece lo spirito che parla tramite il credente quando egli profetizza è lo stesso spirito (ossia lo Spirito Santo) che parlò tramite Gesù Cristo e tramite i profeti e gli apostoli e sospinse quest'ultimi a scrivere i libri della Bibbia non può che confermare quello che essi hanno detto e scritto e la profezia sarà conforme a verità. Una delle maniere quindi per discernere le false profezie dalle vere è quella di esaminarle mediante la Scrittura.
Dunque, fratelli, badate a voi stessi, e oltre a non inventarvi nulla studiatevi di smascherare le falsità che vengono spacciate per verità in mezzo al popolo di Dio.

Alcune parole di esortazione

Fratello nel Signore, se hai già ricevuto il battesimo con lo Spirito Santo, ti esorto a continuare a credere di avere ricevuto l'adempimento della promessa del Salvatore, che questo battesimo, accompagnato dal parlare in lingue, è scritturale; e persevera nel parlare in lingue. Non ti lasciare turbare da alcuni credenti che con i loro vani ragionamenti hanno annullato questa parte del consiglio di Dio dicendo che questo battesimo non è più accompagnato dal parlare in lingue, e che si riceve alla nuova nascita e non dopo essere nati di nuovo. Sappi che tu non hai accettato una strana dottrina, che non ti sei inventato nulla, che non sei caduta vittima di un inganno satanico, che non ti sei lasciato ingannare da spiriti maligni; ma hai accettato per fede, nella semplicità del tuo cuore, una dottrina che fa parte delle dottrine bibliche, ed hai sperimentato il rivestimento di potenza di cui parlò il Signore Gesù prima di essere assunto in cielo. Chi è stato sedotto da vani ragionamenti sono proprio coloro che negano il battesimo con lo Spirito Santo quale esperienza successiva alla nuova nascita, sappilo per certo questo. Costoro senza rendersene conto, nella loro ignoranza della Parola di Dio e della potenza di Dio, parlano stoltamente, arrivando a definire posseduto o comunque influenzato da potenze demoniache chi parla in lingue per lo Spirito; porteranno la pena della loro incredulità e della loro stoltezza. Il Cristianesimo di costoro, che in certi casi sono savi secondo il mondo e abili parlatori, è un Cristianesimo privo di potenza, essi negano la potenza di Dio perchè negano quel battesimo tramite il quale si viene rivestiti di potenza dall'alto. Ah! quanti sono numerosi costoro!! Quanto danno continuano a fare in mezzo al popolo di Dio! Ma grazie siano rese a Cristo Gesù perchè Lui non si è fermato di mandare ad effetto la sua parola ed ancora oggi battezza con lo Spirito Santo. Egli ancora oggi dimostra che non c'è consiglio e nè intelligenza che valga contro di Lui. Nessuno lo può fermare, e nessuno lo fermerà!
Se invece non hai ancora ricevuto questo battesimo, allora domandalo a Dio perchè Lui ha promesso di concederlo a coloro che glielo chiedono secondo che è scritto: "Se voi dunque, che siete malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figliuoli, quanto più il vostro Padre celeste donerà lo Spirito Santo a coloro che glielo domandano!" (Luca 11:13).
Se poi tu desideri il dono della diversità delle lingue, quello dell'interpretazione e il dono di profezia, non devi fare altro che bramarli con un cuore puro. Conduciti in maniera degna del Vangelo, sii giusto, sincero, fedele a Dio, e continua a bramare anche questi doni. Certo lo Spirito Santo distribuisce i suoi doni in base alla volontà di Dio, per cui io non ti posso assicurare che riceverai tutti i doni che desideri, certamente però riceverai quelli che rientrano nella volontà di Dio per te, tra questi doni di parola.
Mi rivolgo a voi adesso, credenti che non accettate queste manifestazioni come manifestazioni provenienti da Dio con un fondamento biblico per i nostri giorni: vi esorto a smettere di parlare stoltamente sia contro il battesimo con lo Spirito Santo, che contro le lingue, che contro le interpretazioni e contro le profezie. E' ora che smettiate di insegnare queste vostre dottrine false che non fanno altro che tenere lontano sia voi che altri dalla potenza di Dio. Volete che Dio vi mostri personalmente che le cose stanno come vi sto dicendo io? Bene, allora mettetevi in preghiera, magari accompagnando la preghiera con il digiuno, chiedendo a Dio in Cristo Gesù di confermarvi se questo battesimo con lo Spirito Santo è accompagnato dal parlare in lingue, e vedrete che il Signore non mancherà di confermarvelo, come anche vi confermerà che lo Spirito Santo ancora oggi distribuisce il dono della diversità delle lingue, dell'interpretazione delle lingue e il dono di profezia, e sarete così liberati da questo laccio in cui siete caduti. Non indugiate a farlo, e ne avrete del bene.


Quale peccato contro lo Spirito Santo sia irremissibile

di S.Agostino, Epist. 185, 11, 49 s.

Cerchino dunque di comprendere che Cristo non intese dire che non sarà perdonato alcun peccato contro lo Spirito Santo, ma solo un certo peccato speciale. Cosí anche quando disse: "Se non fossi venuto, non avrebbero colpa" (Gv 15,22), non voleva intendere qualsiasi colpa, dal momento che i Giudei erano macchiati di molti e gravi peccati, ma voleva alludere a un certo peccato particolare che se non lo avessero commesso si sarebbero potuti rimetter loro tutti gli altri peccati commessi; alludeva cioè al peccato consistente nel rifiutare di credere in Lui, venuto nel mondo, peccato che non avrebbero commesso, s`Egli non fosse venuto tra loro. Cosí pure quando disse: "Chi peccherà contro lo Spirito Santo" (Mt 12,32), o: "Chi bestemmierà contro lo Spirito Santo" (Gv 20,22-23), non voleva intendere qualsiasi peccato commesso contro lo Spirito Santo con azioni o parole, ma un peccato ben determinato, quello cioè che consiste nell`ostinazione del cuore fino alla fine della vita, per cui uno rifiuta di ricevere il perdono dei peccati nell`unità del Corpo di Cristo (cf. Gv 6,64), vivificato dallo Spirito Santo. Infatti, subito dopo aver detto ai discepoli: "Ricevete lo Spirito Santo", soggiunse: "A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi; saranno ritenuti a chi voi li riterrete". Chi dunque respingerà questo dono della grazia di Dio e vi si opporrà, e in qualsiasi modo si mostrerà ad esso maldisposto fino alla fine di questa vita terrena, non gli sarà perdonato né in questa vita né in quella futura poiché è un peccato naturalmente sí grave, che impedisce la remissione di tutti gli altri. Che però uno l`abbia commesso, non si potrà avere alcuna prova, se non dopo la morte. Finché uno vive quaggiú, la "pazienza di Dio" - come dice l`Apostolo - "cerca solo di spingerlo al pentimento" (Rm 2,4); ma s`egli, rimanendo ostinatamente ribelle a Dio "nella misura dell`ostinazione del suo cuore, del suo cuore impenitente" - come soggiunge subito l`Apostolo - "accumula sul proprio capo la collera di Dio per il giorno dell`ira e della manifestazione del giusto giudizio di Dio" (Rm 2,5), allora non sarà perdonato né in questa vita né in quella futura.
Non si deve comunque disperare di coloro con cui trattiamo o di cui ora parliamo, poiché sono ancora in vita. Essi però non cerchino lo Spirito Santo fuori dell`unità del Corpo di Cristo di cui posseggono bensí il sacramento esternamente, ma non hanno in cuore la realtà di cui quello è segno e perciò mangiano e bevono la loro condanna (cf. 1Cor 11,29). Un unico pane è infatti il segno sacramentale dell`unità; "poiché" - dice l`Apostolo - "c`è un solo pane, noi, sebbene molti, siamo un solo Corpo" (1Cor 10,17). Fuori di questo Corpo nessuno è vivificato dallo Spirito Santo "poiché", sempre al dire dell`Apostolo: "la carità di Dio è diffusa nei nostri cuori per opera dello Spirito Santo, che ci è stato elargito" (Rm 5,5). Ora, non può esser partecipe della divina carità chi è nemico dell`unità. Di conseguenza, quelli che son fuori della Chiesa, non hanno lo Spirito Santo, poiché di essi sta scritto: "Quelli che si separano sono animaleschi, privi dello Spirito" (Gd 19).




I DONI DELLO SPIRITO SANTO

Scrive A.Tanquerey che lo Spirito Santo che abita nell'anima, vi produce, oltre alla grazia abituale, abiti soprannaturali che perfezionano le nostre facoltà e le rendono capaci di produrre atti soprannaturali sotto l'impulso della grazia attuale. Questi abiti sono le virtù e i doni: la differenza fondamentale non deriva dall'oggetto materiale o dal campo d'azione che è lo stesso, ma dal diverso modo di operare nell'anima. Dio può operare in noi in due modi:

a) adattandosi al modo umano di agire delle nostre facoltà; il che fa nelle virtù, aiutandoci a riflettere e a cercare i mezzi migliori per giungere allo scopo; a rendere soprannaturali queste operazioni ci dà le grazie attuali, ma lascia che incominciamo noi secondo le regole della prudenza o della ragione illuminata dalla fede; onde siamo noi che operiamo sotto l'impulso delle grazia;

b) ma, per mezzo dei doni, Dio opera pure in una maniera superiore al modo umano. Comincia lui per il primo: prima che abbiamo avuto il tempo di riflettere e di consultare le regole della prudenza, ci manda istinti divini, illustrazioni e ispirazioni, che operano in noi senza deliberazione da parte nostra, non però senza il nostro consenso. Tale grazia, che sollecita in modo soave e ottiene efficacemente il nostro consenso, può essere chiamata grazia operante; sotto di lei noi siamo più passivi che attivi e la nostra attività consiste soprattutto a consentire liberamente all'operazione di Dio, a lasciarci guidare dallo Spirito Santo, a seguirne prontamente e generosamente le ispirazioni.
Si può concludere che i doni dello Spirito Santo sono abiti soprannaturali che danno alle facoltà tale docilità da obbedire prontamente alle ispirazioni della grazia. Ma questa docilità non è in principio che semplice ricettività, che ha bisogno di essere coltivata per giungere al pieno suo sviluppo.

Se si studiano i doni, in corrispondenza alle virtù da essi perfezionate, si distinguono:
1. il dono del consiglio perfeziona la virtù della prudenza, facendoci giudicare prontamente e sicuramente, per una specie di intuizione soprannaturale, ciò che conviene fare, specialmente nei casi difficili;
2. il dono della pietà perfeziona la virtù della religione, che è annessa alla giustizia, producendo nel cuore un affetto filiale a Dio e una tenera devozione alle persone o alle cose divine, per farci compiere con santa premura i doveri religiosi;
3. il dono della fortezza che perfeziona la virtù della temperanza; è un dono che attribuisce alla volontà un impulso ed una energia che la rendono capace di operare o di soffrire lietamente e intrepidamente grandi cose, superando tutti gli ostacoli;
4. il dono del timore: non si tratta di quella paura di Dio che, al ricordarci dei nostri peccati, ci inquieta, ci attrista, ci conturba. Non si tratta neppure del timore dell'inferno, che basta per abbozzare una conversione ma non per dar compimento alla nostra santificazione. Si tratta del timore riverenziale e filiale che ci fa paventare ogni offesa di Dio. Il dono del timore perfeziona nello stesso tempo le virtù della speranza e della temperanza: la virtù della speranza, facendoci paventare di dispiacere a Dio e di essere da lui separati; la virtù della temperanza, staccandoci dai falsi diletti che potrebbero farci perdere Dio. Può quindi definirsi un dono che inclina la volontà al rispetto filiale di Dio, ci allontana dal peccato perché gli dispiace, e ci fa sperare nel potente suo aiuto;
5. col dono della scienza siamo ai tre doni intellettuali che più direttamente concorrono alla contemplazione: il dono della scienza, che ci fa giudicar rettamente delle cose create nelle loro relazioni con Dio; il dono dell'intelletto, che ci palesa l'intima armonia delle verità rivelate; il dono della sapienza, che ce le fa giudicare, apprezzare, gustare. Tutti e tre hanno questo di comune, che ci danno una conoscenza sperimentale o quasi sperimentale, perché ci fanno conoscere le cose divine non per via di ragionamento ma per mezzo di una luce superiore che ce le fa afferrare come se ne avessimo l'esperienza. Questa luce, comunicataci dallo Spirito Santo, è certamente la luce della fede, ma più attiva e più illuminante che non sia abitualmente e che ci dà come una specie di intuizione di queste verità, simile a quella che abbiamo dei primi principi. La scienza di cui qui parliamo, non è la scienza filosofica che si acquista con la ragione, neppure la scienza teologica che si acquista col lavorio della ragione sui dati della fede, ma la scienza dei Santi che ci fa giustamente giudicare delle cose create nelle loro relazioni con Dio. Si può quindi definire il dono della scienza un dono che, sotto l'azione illuminatrice dello Spirito Santo, perfeziona la virtù della fede, facendoci conoscere le cose create nelle loro relazioni con Dio;
6. il dono dell'intelletto si distingue da quello della scienza perché l'oggetto ne è molto più vasto: non si restringe alle sole cose create ma si estende a tutte le verità rivelate; inoltre lo sguardo ne è più profondo, facendoci penetrare (intus legere, "leggere dentro") l'intimo significato delle verità rivelate. Non ci fa certamente comprendere i misteri, ma ci fa capire che, nonostante la loro oscurità, sono credibili, che bene armonizzano tra loro e con ciò che vi è di più nobile nella umana ragione, onde conferma i motivi di credibilità. Può dunque essere definito: un dono che, sotto l'azione illuminatrice dello Spirito Santo, ci dà una penetrante intuizione delle verità rivelate, senza però svelarcene il mistero. Il che si rileverà anche meglio dalla sua azione nell'anima;
7. il dono della sapienza: è un dono che perfeziona la virtù della carità, e risiede nello stesso tempo nell'intelletto e nella volontà perché effonde nell'anima luce ed amore. Onde viene meritamente considerato come il più perfetto dei doni, quello in cui si compendiano tutti gli altri, a quel modo che la carità comprende tutte le virtù. Il dono della sapienza si può quindi definire un dono che, perfezionando le virtù della carità, ci fa discernere e giudicare Dio e le cose divine nei loro più alti principi e ce li fa gustare. Differisce quindi dal dono dell'intelletto, che ci fa conoscere le verità divine in se stesse e nelle mutue loro relazioni ma non nelle loro cause più alte, e che non ce le fa amare e assaporare.

MANDI IL TUO SPIRITO, SONO CREATI


di Pd Raniero Cantalamessa

La sera di Pasqua, Gesù nel cenacolo "alitò su di loro [i suoi discepoli] e disse: Ricevete lo Spirito Santo" [Gv 20,19-23 Ndr]). Questo alitare di Cristo richiama il gesto di Dio che, nella creazione, "soffiò sull'uomo, plasmato con polvere del suolo, un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente" (cfr. Gn 2, 7). Con quel gesto Gesù viene dunque a dire che lo Spirito Santo è il soffio divino che dà vita alla nuova creazione, come diede vita alla prima creazione. Il Salmo responsoriale sottolinea questo tema: "Mandi il tuo Spirito e sono creati, e rinnovi la faccia della terra" [Sal 103,1-34. Ndr]. Proclamare che lo Spirito Santo è creatore significa dire che la sua sfera d'azione non è ristretta alla sola Chiesa, ma si estende a tutta la creazione. Nessun tempo e nessun luogo è privo della sua attiva presenza. Egli agisce nella Bibbia e fuori di essa; agisce prima di Cristo, al tempo di Cristo e dopo Cristo, anche se mai separatamente da lui. "Ogni verità, da chiunque venga detta -ha scritto san Tommaso d'Aquino-, viene dallo Spirito Santo". Certo, l'azione dello Spirito di Cristo fuori della Chiesa non è la stessa che dentro la Chiesa e nei sacramenti. Là egli agisce per potenza, qui per presenza, di persona. La cosa più importante, a proposito della potenza creatrice dello Spirito Santo, non è però comprenderla o spiegarne le implicazioni, ma è farne l'esperienza. E che significa fare l'esperienza dello Spirito come creatore? Per scoprirlo partiamo dal racconto della creazione. "In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo Spirito del Signore aleggiava sulle acque" (Gn 1, 1-2). Ne deduciamo che l'universo esisteva già al momento in cui interviene lo Spirito, ma era ancora informe e tenebrosa, caos. È in seguito alla sua azione che il creato assume contorni precisi; la luce si separa dalle tenebre, la terraferma dal mare e tutto prende una forma definita. Lo Spirito Santo è dunque colui che fa passare il creato dal caos al cosmo, che fa di esso qualcosa di bello, di ordinato, pulito (cosmo viene dalla stessa radice di cosmetico e vuol dire bello!), ne fa un "mondo", secondo il duplice significato di questa parola. La scienza ci insegna oggi che questo processo è durato miliardi di anni, ma quello che la Bibbia vuole dirci, con il suo linguaggio semplice e immaginifico, è che la lenta evoluzione verso la vita e l'ordine attuale del mondo non è avvenuta a caso, obbedendo a ciechi impulsi della materia, ma per un progetto posto in esso, fin dall'inizio, dal creatore. L'azione creatrice di Dio non è limitata all'istante iniziale; egli è sempre in atto di creare. Applicato allo Spirito Santo, questo significa che egli è sempre colui che fa passare dal caos al cosmo, cioè dal disordine all'ordine, dalla confusione all'armonia, dalla deformità alla bellezza, dalla vecchiaia alla giovinezza. Questo a tutti i livelli: nel macrocosmo come nel microcosmo, cioè nell'universo intero come in ogni singolo uomo. Dobbiamo credere che, nonostante le apparenze, lo Spirito Santo è all'opera nel mondo e lo fa progredire. Quante scoperte nuove, non solo nel campo fisico, ma anche in quello morale e sociale! Un testo del Vaticano II dice che lo Spirito Santo è all'opera nell'evoluzione dell'ordine sociale del mondo" (Gaudium et spes 26). Non è solo il male che cresce, ma anche il bene, con la differenza che il male si elide, finisce con se stesso, il bene invece si accumula, rimane. Certo, c'è ancora tanto caos intorno a noi: caos morale, politico, sociale. Il mondo ha ancora tanto bisogno dello Spirito di Dio, per questo non ci dobbiamo stancare di invocarlo con le parole del Salmo: "Manda il tuo Spirito, Signore, e rinnova la faccia della terra!".

L'ESPERIENZA DEL BATTESIMO NELLO SPIRITO SANTO


testimonianza di Dwight L. Moody

"Chi è quel padre fra di voi che, se il figlio gli chiede un pane, gli dia una pietra? O se gli chiede un pesce, gli dia invece un serpente?... Se voi, dunque, che siete malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figli, quanto più il Padre celeste donerà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!"

(Luca 11:11,13)


Due sorelle frequentavano i culti alla Farwell Hall, e si sedevano sempre davanti. Moody aveva notato il loro comportamento devoto, ed era sempre lieto di conversare con loro. Una volta gli dissero che stavano pregando per lui affinché ricevesse la potenza per il servizio conferita dal Battesimo nello Spirito Santo. Sulle prime egli non comprese molto bene, anzi pensava di possedere già la potenza dello Spirito Santo: era convertito da anni, aveva portato tante anime al Signore, consacrato tutte le proprie energie all'opera di evangelizzazione. La sfera delle sue attività era molto aumentata, il numero dei suoi impegni per opere missionarie e campagne evangelistiche aumentava di continuo: aveva raccolto somme di denaro per la costruzione di edifici cristiani, aveva fondato la più grande Scuola Domenicale ad ovest di New York, aveva riunito grandi uditori. Era felice e libero nel suo lavoro, non lo era mai stato tanto. Pensava di avere già quel battesimo; di cos'altro poteva avere bisogno? Queste due sorelle continuarono a pregare per lui. Moody era un insegnante sempre desideroso di apprendere di più, continuamente alla ricerca dei doni spirituali biblici, specialmente se lo avessero reso più utile nell'opera del Signore; così pensava sempre alle parole delle due donne. Si trovava in chiesa l'ultima domenica prima del grande incendio che distrusse la città, aveva predicato per alcune settimane una serie di sermoni sulla vita di Cristo, alla fine di quel culto annunciò che avrebbe dato una settimana di tempo affinché la gente potesse decidere cosa fare di Gesù. La domenica successiva avrebbe aspettato tutti coloro che avessero preso una seria decisione per il Signore. Ma nel frattempo si verificò l'incendio e non incontrò mai più molti dei suoi ascoltatori. Pensando a questo, Moody si tormentava; decise che avrebbe sempre fatto appelli per una scelta immediata, istantanea, di accettare Cristo. Raccontava spesso e con cuore affranto la storia della "scelta della domenica prossima" nella sua chiesa di Chicago, che nel frattempo era stata ridotta in cenere. Fu proprio in questo contesto di cose che comprese ed accettò la verità che quelle care sorelle si affannavano a mostrargli. Si risvegliò nel suo cuore un anelito per lo Spirito Santo che non riusciva ad esprimere. Questo santo desiderio lo seguiva ovunque; supplicava Dio continuamente di donargli la potenza che Egli solo poteva concedergli. Settimana dopo settimana Moody continuava ad impegnarsi impeccabilmente nell'opera di Dio, ma con l'anelito nel cuore per la potenza del Battesimo nello Spirito Santo, un ardente desiderio che superava qualsiasi altra cosa. Il giorno felice arrivò. La potenza dello Spirito Santo lo raggiunse. Era in una chiesa a New York per raccogliere dei fondi, "ma il mio cuore", racconta, "continuava a gridare al Signore affinché mi riempisse con il Suo Spirito. Che gran giorno, non posso descriverlo, ne parlo raramente; si tratta quasi di un'esperienza troppo sacra per essere espressa. L'apostolo Paolo ebbe un'esperienza della quale non parlò per quattordici anni. Io posso soltanto affermare che Dio si rivelò a me, e che sperimentai il Suo amore in modo tale che dovetti chiederGli di fermare la Sua mano. Andai a predicare. I sermoni non furono diversi, non presentavo nuove verità, tuttavia centinaia si persone si convertivano. Non tornerei indietro prima di questa benedetta esperienza per tutto l'oro del mondo". Il dono dello Spirito Santo è promesso ai credenti per una maggiore utilità nel servizio cristiano e una più completa testimonianza dell'Evangelo, quale esperienza distinta e susseguente a quella della nuova nascita e all'unione con il Signore. Finney ne parlò molto, e anche i primi metodisti, John Wesley e John Fletcher. A questo proposito Fletcher disse: "Questa è una dottrina evangelica di importanza capitale oggi al pari di quella che fu, ai tempi della Riforma, la dottrina della giustificazione per fede". Moody comprese appieno cosa intendessero le sue care sorelle alla Farwell Hall quando pregavano affinché egli ricevesse la potenza per il servizio, quando lo Spirito Santo sarebbe scese su di lui. La "promessa del Padre" finalmente si adempì anche per lui, ed egli realizzò la pienezza. Da allora lavorò come chi riceve una nuova carica di forza, una rinnovata e fresca unzione, una potenza prima sconosciuta, uno spirito di sapienza e abilità nel conquistare anime superiore a qualsiasi cosa avesse prima posseduto. Le preghiere di quelle sante donne furono esaudite e l'evangelista divenne un uomo di Dio, appieno fornito per ogni opera buona.
Da allora in poi la dottrina dello Spirito Santo diventò un argomento importante nei suoi sermoni, sia nelle letture bibliche in circoli ristretti, sia nelle predicazioni ai grandi uditori. Egli sapeva dove risiedeva la sua forza, e si impegnava giorno e notte per dimostrare ai credenti che anche per loro la potenza era nella medesima fonte. "La promessa del Padre", era spesso sulle sue labbra, sia nella preghiera che nell'insegnamento. "Aspetta la promessa fin quando Dio ti incontrerà in essa", diceva sempre, "Egli torna sempre sulla strada delle Sue promesse". "Puoi riempire la coppa di incenso e ricoprire l'altare di legno odoroso, ma servirà il fuoco per farne sprigionare la fragranza". La deliziosa fragranza di un cammino santo fu emanata in ogni luogo nel quale si recò, per la gioia dei credenti che erano in grado di riconoscere le "cose dello Spirito di Dio".

L'OPERA MIRACOLOSA DELLO SPIRITO SANTO

Cirillo di Gerusalemme, Catechesi battesimali, 16,22-23

Lo Spirito Santo è qualcosa di grande, qualcosa di onnipotente e di straordinario nei doni di cui è portatore. Considera quanti sediamo qui adesso, in quante anime siamo presenti. Ebbene, lo Spirito, nella misura e nel modo idoneo per ciascuno, agisce efficacemente: stando nel mezzo, esso conosce la natura di ognuno di noi, discernendone i pensieri e la coscienza, tutto quanto pronunciamo o agitiamo nella mente. Già è significativo, certo, quanto ho detto; eppure, non è ancora abbastanza.
Prova a farti un`idea, infatti, illuminato nel pensiero dallo Spirito, di quanti siano i cristiani di tutta questa diocesi e quanti ne conti, poi, l`intera provincia della Palestina. Fa` spaziare, successivamente, la tua immaginazione al di là dei limiti di questa provincia, abbracciando tutto l`impero romano e, infine, volgendo lo sguardo, oltre quello, a tutto l`universo: ai persiani e agl`indi, ai goti e ai sarmati, ai galli e agli spagnoli, ai popoli della Mauritania e dell`Africa, agli abitanti dell`Etiopia e a tutti gli altri dei quali non conosciamo neppure il nome (molti sono i popoli, infatti, dei cui nomi non ci è pervenuta alcuna notizia).
Considera poi, di ciascuna di queste genti, i vescovi, i presbiteri, i diaconi, i monaci, le vergini e tutti gli altri fedeli. Potrai constatare, così, che il grande protettore ed elargitore di grazie, in ogni angolo del mondo, dona a uno il pudore, a un altro la perpetua castità, a un altro ancora la misericordia, a questo l`amore per la povertà, a quello il potere di scacciare gli spiriti avversi.
Come la luce, emanando un unico raggio, rischiara ogni cosa, così anche lo Spirito Santo illumina coloro che hanno occhi per vederlo: se qualcuno, infatti, non essendo in grado di percepirlo, non viene ritenuto degno della grazia, non ne attribuisca la colpa allo Spirito, bensì alla propria incredulità.
Hai constatato, dunque, come il potere dello Spirito si estenda ovunque nell`universo. Non rimanere, però, sulla terra, ma sali verso l`alto; ascendi col pensiero al primo cielo e contempla quante infinite miriadi di angeli dimorano lassù. Con l`immaginazione, poi, se ne sei in grado, sali ancor più in alto: guarda gli arcangeli e gli spiriti, osserva le virtù, i principati, le potestà, i troni, le dominazioni. Ebbene, a capo di tutti questi, come maestro e santificatore, Iddio ha preposto il Paraclito. Della sua opera hanno bisogno, fra gli uomini, un Elia, un Eliseo, un Isaia; fra gli angeli, un Michele, un Gabriele. Nessuna creatura gli è pari in dignità: tutte le gerarchie e le schiere angeliche riunite assieme non sono neppure minimamente paragonabili allo Spirito Santo. Mentre gli angeli, infatti, sono inviati a servire (cf. Eb 1,14), lo Spirito, dal canto suo, scruta finanche i riposti disegni di Dio, come afferma l`Apostolo: Lo Spirito, infatti, scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi fra gli uomini, in effetti, conosce l`intimo dell`uomo, se non lo spirito che è in lui? Così, nessuno ha conosciuto le cose di Dio, se non lo Spirito di Dio (1Cor 2,10-11).