martedì 6 maggio 2008

I DONI DELLO SPIRITO SANTO

Scrive A.Tanquerey che lo Spirito Santo che abita nell'anima, vi produce, oltre alla grazia abituale, abiti soprannaturali che perfezionano le nostre facoltà e le rendono capaci di produrre atti soprannaturali sotto l'impulso della grazia attuale. Questi abiti sono le virtù e i doni: la differenza fondamentale non deriva dall'oggetto materiale o dal campo d'azione che è lo stesso, ma dal diverso modo di operare nell'anima. Dio può operare in noi in due modi:

a) adattandosi al modo umano di agire delle nostre facoltà; il che fa nelle virtù, aiutandoci a riflettere e a cercare i mezzi migliori per giungere allo scopo; a rendere soprannaturali queste operazioni ci dà le grazie attuali, ma lascia che incominciamo noi secondo le regole della prudenza o della ragione illuminata dalla fede; onde siamo noi che operiamo sotto l'impulso delle grazia;

b) ma, per mezzo dei doni, Dio opera pure in una maniera superiore al modo umano. Comincia lui per il primo: prima che abbiamo avuto il tempo di riflettere e di consultare le regole della prudenza, ci manda istinti divini, illustrazioni e ispirazioni, che operano in noi senza deliberazione da parte nostra, non però senza il nostro consenso. Tale grazia, che sollecita in modo soave e ottiene efficacemente il nostro consenso, può essere chiamata grazia operante; sotto di lei noi siamo più passivi che attivi e la nostra attività consiste soprattutto a consentire liberamente all'operazione di Dio, a lasciarci guidare dallo Spirito Santo, a seguirne prontamente e generosamente le ispirazioni.
Si può concludere che i doni dello Spirito Santo sono abiti soprannaturali che danno alle facoltà tale docilità da obbedire prontamente alle ispirazioni della grazia. Ma questa docilità non è in principio che semplice ricettività, che ha bisogno di essere coltivata per giungere al pieno suo sviluppo.

Se si studiano i doni, in corrispondenza alle virtù da essi perfezionate, si distinguono:
1. il dono del consiglio perfeziona la virtù della prudenza, facendoci giudicare prontamente e sicuramente, per una specie di intuizione soprannaturale, ciò che conviene fare, specialmente nei casi difficili;
2. il dono della pietà perfeziona la virtù della religione, che è annessa alla giustizia, producendo nel cuore un affetto filiale a Dio e una tenera devozione alle persone o alle cose divine, per farci compiere con santa premura i doveri religiosi;
3. il dono della fortezza che perfeziona la virtù della temperanza; è un dono che attribuisce alla volontà un impulso ed una energia che la rendono capace di operare o di soffrire lietamente e intrepidamente grandi cose, superando tutti gli ostacoli;
4. il dono del timore: non si tratta di quella paura di Dio che, al ricordarci dei nostri peccati, ci inquieta, ci attrista, ci conturba. Non si tratta neppure del timore dell'inferno, che basta per abbozzare una conversione ma non per dar compimento alla nostra santificazione. Si tratta del timore riverenziale e filiale che ci fa paventare ogni offesa di Dio. Il dono del timore perfeziona nello stesso tempo le virtù della speranza e della temperanza: la virtù della speranza, facendoci paventare di dispiacere a Dio e di essere da lui separati; la virtù della temperanza, staccandoci dai falsi diletti che potrebbero farci perdere Dio. Può quindi definirsi un dono che inclina la volontà al rispetto filiale di Dio, ci allontana dal peccato perché gli dispiace, e ci fa sperare nel potente suo aiuto;
5. col dono della scienza siamo ai tre doni intellettuali che più direttamente concorrono alla contemplazione: il dono della scienza, che ci fa giudicar rettamente delle cose create nelle loro relazioni con Dio; il dono dell'intelletto, che ci palesa l'intima armonia delle verità rivelate; il dono della sapienza, che ce le fa giudicare, apprezzare, gustare. Tutti e tre hanno questo di comune, che ci danno una conoscenza sperimentale o quasi sperimentale, perché ci fanno conoscere le cose divine non per via di ragionamento ma per mezzo di una luce superiore che ce le fa afferrare come se ne avessimo l'esperienza. Questa luce, comunicataci dallo Spirito Santo, è certamente la luce della fede, ma più attiva e più illuminante che non sia abitualmente e che ci dà come una specie di intuizione di queste verità, simile a quella che abbiamo dei primi principi. La scienza di cui qui parliamo, non è la scienza filosofica che si acquista con la ragione, neppure la scienza teologica che si acquista col lavorio della ragione sui dati della fede, ma la scienza dei Santi che ci fa giustamente giudicare delle cose create nelle loro relazioni con Dio. Si può quindi definire il dono della scienza un dono che, sotto l'azione illuminatrice dello Spirito Santo, perfeziona la virtù della fede, facendoci conoscere le cose create nelle loro relazioni con Dio;
6. il dono dell'intelletto si distingue da quello della scienza perché l'oggetto ne è molto più vasto: non si restringe alle sole cose create ma si estende a tutte le verità rivelate; inoltre lo sguardo ne è più profondo, facendoci penetrare (intus legere, "leggere dentro") l'intimo significato delle verità rivelate. Non ci fa certamente comprendere i misteri, ma ci fa capire che, nonostante la loro oscurità, sono credibili, che bene armonizzano tra loro e con ciò che vi è di più nobile nella umana ragione, onde conferma i motivi di credibilità. Può dunque essere definito: un dono che, sotto l'azione illuminatrice dello Spirito Santo, ci dà una penetrante intuizione delle verità rivelate, senza però svelarcene il mistero. Il che si rileverà anche meglio dalla sua azione nell'anima;
7. il dono della sapienza: è un dono che perfeziona la virtù della carità, e risiede nello stesso tempo nell'intelletto e nella volontà perché effonde nell'anima luce ed amore. Onde viene meritamente considerato come il più perfetto dei doni, quello in cui si compendiano tutti gli altri, a quel modo che la carità comprende tutte le virtù. Il dono della sapienza si può quindi definire un dono che, perfezionando le virtù della carità, ci fa discernere e giudicare Dio e le cose divine nei loro più alti principi e ce li fa gustare. Differisce quindi dal dono dell'intelletto, che ci fa conoscere le verità divine in se stesse e nelle mutue loro relazioni ma non nelle loro cause più alte, e che non ce le fa amare e assaporare.

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