mercoledì 18 aprile 2007

RAVVEDUTI = VINCENTI !

Al vincitore darò la manna nascosta e una pietruzza bianca sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all'infuori di chi la riceve.(Ap2,17)

Pergamo, la Chiesa a cui è indirizzata questa lettera, è città che anticamente fu capitale di un regno famoso . La città è ammantata di quel vezzo tipico di una protagonista che vuole imporsi e dominare e che diventa un riflesso dell’immagine della potenza che domina il mondo che è il potere dell’impero romano. La Chiesa di Pergamo vive, opera, svolge il suo ministero pastorale nel clima della città segnato dalla cultura del potere, subendo anch’essa le conseguenze di tutto un modo di gestire le relazioni, di guardare il mondo, di operare sulla scena pubblica che fa e costantemente riferimento al potere come valore assoluto considerandolo, in quanto tale, degno di culto. Insomma è una delle nostre città, forse proprio la nostra.


Ravvediti dunque; altrimenti verrò presto da te e combatterò contro di loro con la spada della mia bocca. (Ap 2,16)

L’invito al ravvedimento per questo tipo di condotta è fondamentale per comprendere il personaggio del “vincitore” cioè colui che si è ravveduto, ha pianto i suoi peccati, ha rinunciato al potere, a dire la sua, a proclamare la sua verità, a affermare le sue giustizie, ad esprimere la sua ministerialità nella stessa Chiesa … stà parlando di un morto a se stesso, di un’arreso, di un uomo che rinnega se stesso per Cristo e lo chiama “vincitore”.
Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio!(Col 3,3)

Per il mondo anche quello cristiano un "nulla" è ormai morto, uno senza più identità propria, senza riconoscimento umano, senza credenziali, senza pulpito, chiesa, ministeri, ecc. simile ad un povero ma è di più, è un morto!
Se devo morire, morirò, ma vedrò il Re. Voglio conoscerLo . Devo vedere il Suo volto! (Tommy Tenney - Inseguitori di Dio pg.63)
Ma qual è il premio a questa morte?

Al vincitore darò la manna nascosta e una pietruzza bianca sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all’infuori di chi la riceve.

E’ interessante come, qui, il vincitore è raffigurato mediante l’immagine di colui che ravveduto, gusta la manna, che è sicuramente un riferimento eucaristico, ed il fatto che sia nascosta non solo perchè essa è velata divinità nella sostanza materiale, perchè non è riconosciuta come Corpo di Gesù da tutta la Chiesa Cristiana, ma e anche perchè è "reclusa" nei tabernacoli e quindi nascosta alla "fame" di adorazione di tutti coloro che la cercano e non la conoscono intimamente. Anche questa “pietruzza bianca sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all’infuori di chi la riceve” sa molto di profetico, sembra proprio parlare del dono di un'elezione alla contemplazione, di un dono non compreso dal resto dell'umanità e della cristianità indaffarata, ma che per il Datore di esso è la chiave ad una relazione sponsale, segreta e quindi mistica. E’ quel sapore nascosto dell’intimità profonda che lega la vita del cristiano nella Chiesa alla signoria di Cristo.
“Quel nome che nessuno conosce all’infuori di chi” l’ha ricevuto; quel nome per cui ci “intendiamo”, dice il Signore alla sua Chiesa. Ci intendiamo, io e tu, tu ed io; è quel nome per cui siamo in relazione, tu ed io e in questa pienezza di comunione che rimane segreta, che non appare, che non ha riscontri nel sistema dei poteri dominanti, ecco come la tua vita si riempie nella segretezza della tua adorazione. Una vita senza potere, ma … un nome nuovo tra me e te, un nome “che nessuno conosce”, nel senso che non è utilizzabile come strumento che per imporre decisioni o per gestire gli equilibri della società civile o cristiana; eppure tra me e te c’è questa intesa così profonda per cui la vita umana ne riceve un beneficio che è portatore di una consolazione inesauribile, traboccante.
Pertanto io voglio vincere ... e voi?


Giosuè

Cristo vivente nella sua Chiesa

Carissimi, il Figlio di Dio ha assunto la natura umana con una unione così intima da essere l'unico ed identico Cristo non soltanto in colui, che è il primogenito di ogni creatura, ma anche in tutti i suoi santi. E come non si può separare il Capo dalle membra, così le membra non si possono separare dal Capo.E se è vero che, non è proprio di questa vita, ma di quella eterna, che Dio sia tutto in tutti, è anche vero che fin d'ora egli abita inseparabilmente il suo tempio, che è la Chiesa. Lo promise con le parole: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20).Tutto questo dunque che il Figlio di Dio ha fatto e ha insegnato per la riconciliazione del mondo, non lo conosciamo soltanto dalla storia delle sua azioni passate, ma lo sentiamo anche nell'efficacia di ciò che egli compie al presente.E' lui che, come è nato per opera dello Spirito Santo da una vergine madre, così rende feconda la Chiesa, sua Sposa illibata, con il soffio vitale dello stesso Spirito, perché mediante la rinascita del battesimo, venga generata una moltitudine innumerevole di figli di Dio. Di costoro è scritto: «Non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati» (Gv 1, 13).E' in lui che viene benedetta la discendenza di Abramo, e tutto il mondo riceve l'adozione divina. Il Patriarca diventa padre delle genti, ma i figli della promessa nascono dalla fede, non dalla carne.E' lui che, eliminando ogni discriminazione di popoli, e radunando tutti da ogni nazione, forma di tante pecorelle un solo gregge santo. Così ogni giorno compie quanto aveva già promesso, dicendo: «E ho altre pecore, che non sono di questo ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce, e diventeranno un solo gregge e un solo pastore» (Gv 10, 16).Sebbene infatti egli dica particolarmente a Pietro: «Pasci le mie pecorelle» (Gv 21, 17), nondimeno tutta l'attività dei pastori è guidata e sorretta da lui solo, il Signore. E' lui che, con pascoli ubertosi e ridenti, nutre tutti coloro che vengono a questa Pietra. Cosicché innumerevoli pecorelle, fortificate dalla sovrabbondanza dell'amore, non esitano ad affrontare la morte per la causa del loro Pastore, come egli, il buon Pastore, si è degnato di dare la propria vita per le stesse pecorelle.Partecipi della sua passione sono non solo i martiri forti e gloriosi, ma anche i fedeli che rinascono, e già nell'atto stesso della loro rigenerazione.E' questo il motivo per cui la Pasqua viene celebrata, secondo la Legge, negli azzimi della purezza e della verità: la nuova creatura, getta via il fermento della sua malvagità e si inebria e si nutre del Signore stesso.La nostra partecipazione al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo, a farci rivestire in tutto, nel corpo e nello spirito, di colui nel quale siamo morti, siamo stati sepolti e siamo risuscitati.
Dai «Discorsi» di Leone Magno(Disc. 12 sulla passione, 3, 6, 7; Pl 54, 355-357)