giovedì 31 luglio 2008

IL TUO RIPOSO SI CAMBIERA' IN GIOIA




Approfitto e faccio mio questo articolo che troverete interessante ed ispirato, per augurare a tutti i lettori e frequentatori del blog una
FELICE VACANZA IN DIO!
Jeshua vi benedica e vi accompagni ovunque e Joshua vi aspetterà accogliendovi al vostro ritorno con un nuovo fervore e nuove forze per adorarLo.



Messaggio per le vacanze 2008
di Dionigi card. Tettamanzi Arcivescovo di Milano

Carissimi,
sono lieto di rivolgervi un augurio sincero e affettuoso per le vostre prossime vacanze: che per tutti voi siano un tempo di riposo dalle fatiche del lavoro o dello studio, un tempo da trascorrere nella serenità con i familiari e gli amici, un tempo soprattutto nel quale rinnovare e rinfrancare lo spirito, riscoprendo il gusto di quel silenzio interiore che dona pace al cuore e lo dispone all’ascolto della parola di Dio.
Un tempo per il riposo: ma quale riposo?
La vacanza estiva è dai più desiderata come un momento di pausa, e dunque di riposo, dai ritmi intensi, affannati e spesso frenetici della vita quotidiana. Il riposo però non coincide con il semplice “non far nulla” e non è sinonimo di un tempo vuoto da riempire comunque - con altro rumore o con divertimenti forzati -, ma trova la sua autenticità e importanza nell’essere un momento che permette la riscoperta delle cose essenziali, più belle e più vere della nostra vita, che riporta agli affetti più profondi e alle relazioni più significative, alla valorizzazione della bellezza della natura e dell’arte, al gusto di rivivere la calma del ritmo naturale del tempo.
Tutti noi abbiamo bisogno di un vero riposo: per il corpo e per l’anima, per tutta la persona, dunque, e in particolare per la sua interiorità. Solo così possiamo ritrovare il nostro “io” profondo e possederci in vera libertà. Come amava dire sant’Ambrogio: “La tua ricchezza è la tua coscienza; il tuo oro è il tuo cuore… Custodisci l’uomo che è dentro di te. Non trascurarlo, non averlo a noia come se non avesse valore, perché è un possesso prezioso” (De officiis, 1,11).
Non apparirà allora strano affermare che una delle modalità centrali per vivere in modo autentico il tempo del riposo è il silenzio. E’ troppo il rumore assordante che ci avvolge; sono troppi i messaggi e le richieste, troppe le proposte e le urgenze che ci riempiono disordinatamente. C’è bisogno di silenzio, ossia di quella calma interiore che sola sa fare ordine nel caos degli impegni, ci fa riconoscere ciò che è essenziale e decisivo nella vita, ci rende interiormente liberi, ci apre alla preghiera e alla contemplazione dei doni – nel creato, nelle opere dell’uomo, nel cuore di ciascuno - che l’amore di Dio sparge senza sosta e senza misura.
Nel silenzio potremo anche – ma qui sta il vertice del nostro vivere - ascoltare la parola di Dio. Le forme non si contano: ognuno, in un certo senso, ha la propria strada. Vorrei però con molta semplicità offrire per questo tempo di riposo il suggerimento di leggere qualche libro della Sacra Scrittura per conoscere le grandi opere che Dio ha compiuto per il suo popolo. Sentirete che quelle pagine sono vive, che ancora parlano al vostro cuore e alla vostra vita, perché siamo noi oggi il popolo di Dio, un popolo che non può mai perdere la speranza, fondata come è sull’amore intramontabile e incondizionatamente fedele di Dio.

Un tempo per “viaggiare con gli occhi del cuore”
Il tempo del riposo non poche volte si coniuga anche con il tempo del “viaggiare”. E così per alcuni di voi la vacanza potrà comportare l’esperienza del visitare Paesi e popoli lontani. E’ un’occasione preziosa di cui far tesoro, questa, perché l’incontro con culture diverse dalla nostra ci apre più facilmente alle dimensioni del mondo.
Faccio mio l’invito di Giovanni Paolo II a “viaggiare con gli occhi del cuore”. Si tratta di imparare a conoscere, rispettare, valorizzare ogni cultura e a dialogare con essa. Il ritorno a casa potrà allora essere arricchito da un rinnovato spirito di comprensione, di accoglienza, di solidarietà e di tolleranza nei confronti di coloro che, magari da quegli stessi Paesi che abbiamo visitato, sono venuti ad abitare e lavorare presso di noi. “Viaggiare con gli occhi del cuore” significa anche non restare insensibili davanti alle preoccupanti forme di povertà che si possono incontrare. Ci si immette così sulla via di una crescita in noi di un più alto senso di responsabilità, di giustizia e di solidarietà verso il fratello, lontano o vicino, che ci chiede pane e acqua.
E come noi, così anche altri viaggiano in tempo di vacanza. E dunque veniamo sollecitati a ricevere quanti scelgono la nostra Regione, il nostro Paese come luogo del loro riposo. Sì, le nostre comunità e noi per primi diamoci da fare perché chi viene possa sentirsi accolto, desiderato, amati. Con le tante bellezze del nostro territorio, possa ricevere il nostro sorriso e la nostra affabilità. E nell’esperienza d’amicizia che può nascere e svilupparsi in questi incontri sentiamoci chiamati a testimoniare la fraternità che viene dal Vangelo e che si esprime nel reciproco “scambio di doni”, a cominciare dalle ricchezze interiori.
A ciascuno di voi, per una vacanza ricca di sapienza, rivolgo l’invito del libro sacro: «Seguine le orme e cercala, ti si manifesterà; e una volta raggiunta, non lasciarla. Alla fine troverai in lei il riposo, ed essa ti si cambierà in gioia» (Siracide 6, 27-28).

mercoledì 30 luglio 2008

FRANCESCO IL POVERO MISTICO


1656 100. Un giorno un frate gli disse: " Padre, la tua vita e condotta è stata ed è una fiaccola e un modello non solo per i tuoi frati, ma per l'intera Chiesa di Dio: e così sarà anche la tua morte. Certo, ai tuoi frati e a moltissime altre persone la tua scomparsa provocherà indicibile dolore e tristezza; ma per te sarà immensa consolazione e gioia infinita. Infatti, tu passerai da questo lavoro gravoso al più grande riposo da molte sofferenze e prove al gaudio senza fine, dalla dura povertà (che hai sempre amato e gioiosamente abbracciato dal momento della conversione fino a oggi) alle ricchezze più grandi e vere, infinite; dalla morte fisica passerai alla vita eterna, dove vedrai faccia a faccia per sempre il Signore Dio tuo, che in questo mondo hai contemplato

1585 37. Per la gran tenerezza e compassione che ogni giorno provava nel contemplare l'umiltà del Figlio di Dio e nel seguirne gli esempi, quello che riusciva amaro per la sua carne, lo accoglieva e sentiva come una dolcezza. E talmente si doleva ogni giorno delle sofferenze e amarezze che Cristo soffri per noi, e tanto se ne affliggeva nell'anima e nel corpo che non si curava dei propri malanni.

1598 49. Non deve stupire che il fuoco e le altre creature talvolta lo onorassero. Come abbiamo visto noi, vissuti con lui, Francesco aveva un grande affettuoso amore e rispetto per esse, e gli procuravano tanta gioia. Dimostrava a tutte le creature così spontanea pietà e comprensione che quando taluno le trattava senza riguardi, egli ne soffriva. Parlava con esse con così grande letizia, intima ed esteriore come ad esseri dotati di sentimento, intelligenza e parola verso Dio, che molto spesso, in quei momenti, egli era rapito nella contemplazione di Dio.

Amati fratelli desidero sottoporre al vostro cuore questi brani tratti dalla Leggenda Perugina (libro del medioevo sulla vita di Francesco d’Assisi) per sottolineare l’esperienza mistica di un uomo che è spesso visto solo come il magistrale compositore del “cantico delle creature” o tutto al più come di colui il quale parlava con gli animali. Si voglia considerare che il prodigio di una familiarità con gli elementi e le creature era propria del Signore Gesù virtù per tanto donata a tutti coloro che sono suoi amici

In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre. (Gv 14,12)

L’esperienza umana di Francesco è quindi principalmente un’esperienza mistica che attinge forza dall’intensa intimità con il Suo Signore, non si può assolutamente prescindere le due cose. Non è credibile chi compie prodigi senza trascorrere un solo attimo intenso d’amore con l’Amato e non sono credibili opere e parole prive di Spirito Santo perché ...

la bocca parla dalla pienezza del cuore. (Lc 6,45)

tutto ciò che di prodigioso ha compiuto Francesco non và però visto come un traguardo per la nostra vita spirituale, infatti il nostro scopo è il Volto di Cristo non le Sue mani.

Di te ha detto il mio cuore: «Cercate il suo volto»; il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto (Salmo 27,8-9)

Cercare il Volto di Dio è desiderarlo a tal punto che le cose della terra perdono d'interesse e la vita stessa senza Dio perde di significato, quell' “ardore serafico” che è sinonimo di consumarsi d’amore per amore dell’Amore...

Rapisca, ti prego, o Signore,l'ardente e dolce forza del tuo amore la mente miada tutte le cose che sono sotto il cielo, perché io muoia per amore dell'amor tuo, come tu ti sei degnato morire per amore dell'amor mio. (preghiera di Francesco d'Assisi)

Dunque, ciò che ci piace sottolineare e proclamare è la straordinaria intimità di quest’uomo con il Cristo che lo rende, sicuramente il più profondo del periodo, ma tra i più mistici della storia della chiesa tutta. Difficilmente l’umanità si è spinta nello Spirito a tanto, difficilmente un’anima così insoddisfatta della propria condizione umana, pur accettandola con moltà umiltà, ha osato varcare la porta dell’inverosimile, dell’impossibile, del misticismo puro senza compromessi… Quello che dobbiamo ammirare ed imitare di Francesco è senza dubbio la virtù più alta ed il suo livello spirituale che in così breve tempo questo giovane (dai 22 anni ai 44) in soli 20 anni di cammino ha ottenuto. La sua ascesi non è stato un pio esercizio di bassa religiosità o mero bigottismo fatto di preghierine o di liturgie sterili ma è stata forgiata nel fuoco della sofferenza e del dolore, costruita minuto dopo minuto e lacrima dopo lacrima, perché la scelta di vedere Dio in volto su questa terra non può non passare per la morte ed il dolore.

Mosè sulla montagna gli disse: «Mostrami la tua Gloria!».
Rispose: «Farò passare davanti a te tutto il mio splendore e proclamerò il mio nome: Signore, davanti a te. Farò grazia a chi vorrò far grazia e avrò misericordia di chi vorrò aver misericordia». Soggiunse: «Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo». Aggiunse il Signore: «Ecco un luogo vicino a me. Tu starai sopra la rupe: quando passerà la mia Gloria, io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano finché sarò passato. Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non lo si può vedere».
(Es 33,13-23)

Questo accadeva prima che l'umanità conoscesse la Divina Incarnazione di Gesù Messia, perchè dopo Gesù essa stessa fu elevata ad una dignità superiore, ad un livello maggiore che poteva solo crescere nel tempo con i veri adoratori, quelli in Spirito e Verità ...

Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? (Gv 14,8-9)

Ma a Francesco non bastava il favore di Dio, non bastavano i rapimenti estatici in cui l’Eterno consolava il suo cuore, non bastavano le frequentazioni angeliche a rallegrare la sua malattia, era un insaziabile "avido" di Dio. Tutta la sua vita fu un continuo spingersi più in là, varcare nuovi orizzonti nello spirito, avanzare e oltrepassare i limiti della sua carnalità, della sua condizione umana, della sua povera corporalità e ad un certo punto osò. Chiese l’inimmaginabile, formulò una domanda che nella storia del cristianesimo non fu e non sarà mai più formulata da nessuno soprattutto per le atroci conseguenze … la sua follia d’amore esagerò, ma la sua intimità, la sua amicizia, il suo profondo e radicale rapporto con il suo Re era talmente tale che ottenne ciò che chiedeva, non tanto perché ebbe l'ardire di chiederlo ma perché era l’unico che potesse sopportare il peso di quella croce portata da Gesù che non fu mai poggiata prima né mai fu ripoggiata poi …

… "O Signore mio Gesù Cristo, due grazie ti priego che tu mi faccia, innanzi che io muoia: la prima, che in vita mia io senta nell’anima e nel corpo mio, quanto è possibile, quel dolore che tu, dolce Gesù, sostenesti nella ora della tua acerbissima passione, la seconda si è ch' io senta nel cuore mio, quanto è possibile, quello eccessivo amore del quale tu, Figliuolo di Dio, eri acceso a sostenere volentieri tanta passione per noi peccatori”.

Così la sua preghiera non rimase inascoltata. Fu fatto degno, infatti, di ricevere sul proprio corpo i segni visibili della Passione di Cristo. Il prodigio avvenne in maniera così mirabile che i pastori e gli abitanti dei dintorni riferirono ai frati di aver visto per circa un’ora il monte della Verna incendiato di un vivo fulgore, tanto da temere un incendio o che si fosse levato il sole prima del solito. Scriveva S. Bonaventura da Bagnoregio:

Un mattino, all'appressarsi della festa dell'Esaltazione della santa Croce, mentre pregava sul fianco del monte, vide la figura come di un serafino, con sei ali tanto luminose quanto infocate, discendere dalla sublimità dei cieli: esso, con rapidissimo volo, tenendosi librato nell'aria, giunse vicino all'uomo di Dio, e allora apparve tra le sue ali l'effige di un uomo crocifisso, che aveva mani e piedi stesi e confitti sulla croce. Due ali si alzavano sopra il suo capo, due si stendevano a volare e due velavano tutto il corpo. A quella vista si stupì fortemente, mentre gioia e tristezza gli inondavano il cuore. Provava letizia per l'atteggiamento gentile, con il quale si vedeva guardato da Cristo, sotto la figura del serafino. Ma il vederlo confitto in croce gli trapassava l'anima con la spada dolorosa della compassione. Fissava, pieno di stupore, quella visione così misteriosa, conscio che l'infermità della passione non poteva assolutamente coesistere con la natura spirituale e immortale del serafino. Ma da qui comprese, finalmente, per divina rivelazione, lo scopo per cui la divina provvidenza aveva mostrato al suo sguardo quella visione, cioè quello di fargli conoscere anticipatamente che lui, l’amico di Cristo, stava per essere trasformato tutto nel ritratto visibile di Cristo Gesù crocifisso, non mediante il martirio della carne, ma mediante l'incendio dello spirito” (Leg. Maj., I, 13, 3).

Questo incendio dello Spirito è possibile, è necessario, è doveroso ! Tutti noi possiamo anelare all’esperienza di Francesco perché egli è "solo" un figlio di Dio Altissimo e non un’angelo venuto dal cielo. L’intimità con Dio è quindi la fonte ed il motore di ogni vita spirituale ed il tempo trascorso con l’Amore è la medicina che guarisce e lenisce la nostra sofferenza, la nostra malattia e la nostra incredulità. Più siamo con Dio più riceviamo amore, più gurdiamo il SuoVolto più gli assomiglieremo, più ascolteremo la Sua Voce più parleremo per Lui …

Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».(Mt 11,28-30)


Joshua