martedì 20 novembre 2007

TU LO DICI, IO SONO RE! (commento Gv 18 di S.Agostino)

In questo discorso dobbiamo esaminare e spiegare che cosa disse Pilato a Cristo, e cosa egli rispose a Pilato.
Dopo aver detto ai giudei: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge», e dopo che essi gli ebbero risposto: «Non è permesso a noi dare la morte ad alcuno», "Pilato rientrò nel pretorio, e chiamò Gesú e gli disse: «Tu sei il re dei giudei?». Rispose Gesú: «Da te lo dici, ovvero altri te l`hanno detto di me?»" (Gv 18,33-34). Il Signore sapeva bene quel che chiedeva a Pilato, come pure sapeva cosa egli gli avrebbe risposto; tuttavia, volle che fosse detto ciò, non per sapere quanto già sapeva, ma perché fosse scritto quanto voleva che giungesse a nostra conoscenza. "Rispose Pilato: «Sono io forse giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me: che hai fatto?». Rispose Gesú: «Il mio regno non è di questo mondo. Se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servi avrebbero certamente combattuto perché io non fossi dato nelle mani dei giudei; invece il mio regno non è di quaggiú»" (Gv 18,35-36).
Questo è quanto il buon maestro ci volle insegnare: ma prima era necessario dimostrarci quanto vana fosse l`opinione che del suo regno avevano sia i gentili sia i giudei, dai quali Pilato l`aveva appresa. Essi pretendevano che egli dovesse esser messo a morte nerché aveva cercato di impadronirsi ingiustamente del regno; oppure perché sia i romani che i giudei dovevano temere, come avverso al loro potere, il suo regno, in quanto appunto i detentori del potere sono soliti temere ed esser gelosi di chi potrebbe prendere il loro posto. Il Signore avrebbe potuto rispondere subito alla prima domanda di Pilato: «sei tu il re dei giudei?», dicendo: «il mio regno non è di questo mondo». Ma egli, chiedendo a sua volta se quanto Pilato domandava, lo diceva da sé, cioè fosse la sua opinione personale, oppure l`avesse inteso da altri, volle che fosse palese, attraverso la risposta di Pilato, che erano i giudei a formulare tale accusa contro di lui. Egli ci mostra cosí la vanità dei pensieri degli uomini (cf. Sal 93,11), che ben conosceva, e rispondendo loro, giudei e gentili insieme, con parole piú opportune ed efficaci, dopo quanto ha detto Pilato, dice: «Il mio regno non è di questo mondo».
Se avesse fatto questa dichiarazione subito dopo la prima domanda di Pilato, si sarebbe potuto pensare che egli rispondesse, non anche ai giudei ma ai soli gentili, come se fossero stati solo questi ad avere di lui una tale opinione. Poiché invece Pilato risponde: «Sono io forse giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me», allontana da sé ogni sospetto che si possa ritenere che egli abbia spontaneamente detto, e non piuttosto sentito dai giudei, che Gesú aveva affermato di essere re dei giudei. E Pilato, inoltre, col chiedergli: «che hai tu fatto?», lascia intendere che egli era stato condotto a motivo di un delitto. E` come se Pilato dicesse: Se non sei re, che hai fatto di male da essere consegnato a me? Quasi non fosse già straordinario il fatto che si consegnasse al giudice per essere punito chi diceva di essere re, ecco che se non avesse detto ciò, il giudice deve chiedere cos`altro abbia fatto di male per essere condotto da lui ad essere giudicato.
Ascoltate dunque, giudei e gentili, ascoltate circoncisi e incirconcisi; tutti i regni della terra prestino orecchio: Io non danneggio il vostro potere in questo mondo, dice in sostanza il Signore, perché «il mio regno non è di questo mondo». Non fatevi prendere dall`assurdo timore che colse Erode, quando apprese la nascita di Cristo, e si spaventò tanto che fece uccidere tutti i neonati, sperando di uccidere anche Gesú tra quelli, mostrandosi cosí sanguinario e crudele piú per la paura che non per la collera (cf. Mt 2,3-16). «Il mio regno» - dice il Signore - «non è di questo mondo». Che volete di piú? Venite dunque nel regno che non è di questo mondo; venite credendo, e guardatevi dalla crudeltà ispirata dalla paura. E` vero che in una profezia, il Figlio, parlando di Dio Padre, ha detto: "Sono stato consacrato re da lui su Sion, il sacro suo monte" (Sal 2,6), ma questo monte e quella Sion non sono dl questo mondo. Di chi è composto il suo regno, se non di coloro che credono in lui, ai quali egli ha detto: «Non siete del mondo, cosí come io non sono del mondo»? Senza dubbio egli voleva che essi dimorassero nel mondo, e per questo chiese al Padre: «Non domando che tu li tolga via dal mondo, ma che li custodisca dal male». Notate che anche ora non dice: Il mio regno non è in questo mondo; ma dice: «il mio regno non è di questo mondo». E dopo aver provato la sua asserzione, soggiungendo: «Se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servi avrebbero certamente combattuto perché io non fossi dato nelle mani dei Giudei», non dice: invece il mio regno non è qui, ma dice: «il mio regno non è di quaggiú». In realtà, il suo regno è qui, sulla terra, fino alla fine dei secoli, dove la zizzania è mischiata al buon grano sino alla mietitura che sarà alla fine dei tempi quando verranno i mietitori, cioè gli angeli, e toglieranno dal suo regno tutti gli scandalosi (cf. Mt 13,38-41). E questo non potrebbe accadere, se il suo regno non fosse sulla terra. Tuttavia, esso non è di quaggiú, perché è esiliato nel mondo. E` al suo regno, cioè a questi pellegrini nel mondo, che egli dice: «Voi non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo». Essi erano del mondo, quando ancora non facevano parte del suo regno ma appartenevano al principe di questo mondo. Tutto quanto negli uomini è stato creato da Dio, ma che ha avuto origine dalla stirpe colpevole e dannata di Adamo, appartiene al mondo; e tutto quanto è stato rigenerato in Cristo fa parte del regno e non appartiene piú al mondo. E` in questo modo che Dio ci ha sottratti al potere delle tenebre (cf. Col 1,13) e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore. Ed è appunto di questo regno che egli dice: «Il mio regno non è di questo mondo», oppure: «Il mio regno non è di quaggiú».
"Gli disse allora Pilato: «Dunque tu sei re?». E Gesú rispose: «Tu dici che io sono re»" (Gv 18,37).
Il Signore non teme di riconoscersi re, ma la sua espressione: «tu lo dici», è cosí calibrata che non nega di essere re (re, si intende, il cui regno non è di questo mondo), ma neppure afferma di esserlo, in quanto ciò potrebbe far pensare che il suo regno è di questo mondo. In questo senso infatti pensava Pilato, col dire: «dunque tu sei re?». Gesú risponde: «tu lo dici», cioè tu sei della terra, e secondo la carne cosí ti esprimi.

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