mercoledì 21 novembre 2007

GESU' SOVRANO VERO


commento al brano evangelico di Lc 23, 35-43

Cristo è chiamato a guidare il popolo di Dio, ad esserne condottiero; la sua regalità è di origine divina ed ha il primato su tutto, perché in lui il Padre ha posto la pienezza di tutte le cose . Eppure il vangelo di Luca presenta la regalità di Gesù riportando la parodia della sua investitura a re dei Giudei sulla croce, che richiama fortemente l’altra parodia avvenuta nel pretorio di Pilato e riportata dagli altri evangelisti. L’investitura regale di Gesù si svolge attorno alla croce, trono improvvisato del nuovo Messia. Per rendere più evidente questo accostamento, Luca ricorda l’iscrizione che domina la croce (v. 38), ma senza dire che si tratta di un motivo di condanna (cf Mt 27,37). Così l’iscrizione tiene il posto della parola di investitura, simile a quella del Padre che investì il proprio Figlio al battesimo (Lc 3,22). Luca, inoltre, introduce qui un episodio riportato altrove (v. 36a; cf Mt 27,48) e vi aggiunge una frase (v. 37b) con la quale la folla attende di conoscere i titoli di Gesù alla regalità, titoli esteriori che Gesù si rifiuta di fornire: egli non vuole che la sua regalità gli venga dallo sfuggire alla sua sorte, ma dalla sua fedeltà alla medesima!Cristo, re di riconciliazione.
Come ogni cosa importante nella legge mosaica, è necessario che l’intronizzazione sia riconosciuta da due testimoni. Ma, mentre i testimoni della investitura regale della trasfigurazione sono due fra i principali personaggi dell’Antico Testamento (Lc 9,28-36) e i testimoni della risurrezione sono pure misteriosi (Lc 24,4), i due testimoni dell’intronizzazione del Golgota sono soltanto due volgari briganti. Investitura ridicola di colui che non sarà re se non andando fino al fondo della beffa!Luca fa seguire a questo brano l’episodio dei due ladroni, quasi ad indicare che per Cristo il modo di esercitare la sua regalità su tutti gli uomini, compresi i suoi nemici, è quello di offrire loro il perdono (vv. 34a.39-43).
Luca è sensibilissimo a questa idea in tutto il racconto della passione, ma qui essa tocca il vertice. Con questo perdono, Cristo si presenta come rovello Adamo, colui che può aiutare l’umanità a reintegrare il paradiso perduto dal primo uomo (cf Lc 3,38). Occorre ancora che questa umanità nuova accetti il perdono di Dio e non si ripieghi orgogliosamente su se stessa. Cristo arriva al momento della sua vita in cui potrà inaugurare una nuova umanità, liberata dalle alienazioni dei peccato; egli offre al buon ladrone di farne parte, perché la sua volontà di perdono è senza limiti. Il regno di Cristo si esercita su dei convertiti.Cristo, re di perdonoI termini Re e Messia risuonano intorno alla croce in frasi beffarde e provocanti. In questa situazione Gesù compie un gesto veramente regale e assicura al malfattore pentito l’ingresso nel regno del Padre. Anche nei confronti degli avversari più accaniti, Gesù dirà parole di perdono: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Gesù, quindi, esercita e manifesta la sua regalità non nella affermazione di un potere dispotico, ma nel servizio di un perdono che tende alla riconciliazione.Egli è il primogenito di tutte le creature (seconda lettura) e come tutte le cose sono state create in lui, così «piacque a Dio di riconciliare a sé per mezzo di lui, tutte le cose, stabilendo la pace nel sangue della sua croce».
Cristo è re perché perdonando e morendo per la remissione dei peccati, crea una nuova unità fra gli uomini. Spezzando la spirale dell’odio offre la possibilità di un nuovo futuro.Un re venuto a servireRiconoscendo che Gesù è re, noi crediamo che con lui Dio ha manifestato in modo pieno che la realizzazione dell’uomo può avvenire solo nell’obbedienza alla sua volontà. Non c’è azione dell’uomo che non sia sotto il giudizio di Dio, non c’è spazio nella storia che possa fare a meno dei rapporto con Dio per mezzo di Gesù. La dottrina della signoria di Cristo ci insegna ancora che la vita a cui siamo chiamati è la stessa vita che ha vissuto Gesù Cristo: vita di servizio ai fratelli. Vivendola noi confessiamo la sua signoria e diventiamo a nostra volta uomini di pace e di riconciliazione. Nella Chiesa di Cristo, come in ogni comunità, il ministero (= servizio) della autorità, è dato non per l’affermazione personale, ma in funzione dell’unità e della carità.
Cristo, buon pastore, è venuto non per essere servito ma per servire (Mt 20,28; Mc 10,45) e dare la sua vita (Gv 10,11). Queste affermazioni aiutano a evitare le ambiguità inerenti al concetto di regalità non inteso nel senso di Cristo.

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