martedì 3 giugno 2008

PAROLA E PREGHIERA


di Giovanni Traettino
(vescovo della Chiesa Cristiana Evangelica della Riconciliazione)

Alcuni pensano che dobbiamo conquistarci la potenza, altri invece che l'abbiamo già. Entrambe le cose sono vere. “La Terra Promessa è tua - dice il Signore al popolo di Israele - vai dunque a prenderne possesso!”. Nella vita cristiana c'è la stessa tensione: ci è stata data di diritto una posizione in Cristo, ma dobbiamo conquistarla nell'esperienza. È per questo che alcuni vivono nella potenza mentre altri, pur essendo a pieno diritto cristiani, non la esprimono. Evidentemente c'è un meccanismo che non si innesca.
È molto importante che impariamo ad applicare questa chiave fondamentale dell'ermeneutica: che “sta scritto... ed è altresì scritto”. Abbiamo la tenden­za a prendere solo alcuni 'scritti', dimenticando una serie di cose “altresì scritte”. Ma è solo mettendo in tensione i due poli che arriviamo a posizioni equili­brate per diventare cristiani maturi e chiese mature.

Grazia

In Atti 6:4, gli apostoli dichiararono: “Noi continue­remo a dedicarci alla preghiera e a/ ministero della parola”. In questa piccola formula è racchiusa tutta la chiave della potenza: la preghiera e la Parola. Nella misura in cui mettiamo al loro posto queste due cose, potremo esprimere la potenza di Dio.

Tuttavia, se la preghiera è vissuta come un dovere o un'opera meritoria, ci sfugge il suo signifi­cato. Solo quando è fame e sete di Dio diventa davvero efficace. Allo stesso modo la Parola può essere letta come un libro di teologia, ma è quando viene recepita invece come la voce di Dio che ci parla oggi che acquista vita, attualità e forza per noi.

Anche il digiuno, se è visto come una opera per accattivarci la benevolenza di Dio, non serve a niente; ma se è l'espressione di un desiderio di Dio che fa perdere interesse anche per il cibo, diventa una via privilegiata per incontrarLo. Tutto deve rimanere radicato nell'amore per Dio e nel desiderio di comunione con Lui: nella grazia e non nella legge.

È importante che tutta la nostra vita sia fondata solidamente nella grazia, perché è sempre presente il rischio di ricadere sotto la legge, e allora faremo naufragio. Perciò non mi sento condannato se per un giorno o per una settimana non prego o non leggo la Bibbia. E’ nella misura in cui vivo in comunione con Dio che la mia vita spirituale diventa stabile.

Il fondamento della Parola

Cominciamo dunque con il discorso sulla Parola. Noi siamo eredi della Riforma e della scoperta di Lutero che essa è il fondamento. È importante parti­colarmente per noi Pentecostali restare radicati nella Parola scritta, perché è facile per i movimenti entu­siasti e carismatici spostarsi da questa a quella “rhema” [parola rivelata]. Senza sminuire l'importanza delle rivelazioni, rischiamo così di diventare preda di emozioni e di sensazioni, creando confusione e divi­sione nella Chiesa. Non è un caso che il movimento pentecostale, storicamente, è quello che ha prodotto più divisioni; ma dobbiamo porvi rimedio. Alcuni dei movimenti sorti di recente hanno infatti come loro istanza più profonda il desiderio e la ricerca dell'unità.

La Parola scritta è dunque il fondamento. Ma per il nostro discorso è centrale il Vangelo del Regno, cioè la Parola di Dio non solo proclamata, ma anche dimostrata.

Il Vangelo del Regno

Questi due aspetti del messaggio del Regno - proclamazione e dimostrazione - devono essere profondamente legate insieme per diventare l'Evangelo di Dio. E qui possiamo cadere in un altro equivoco: quello di pensare che la potenza abbia a che fare solo con la dimostrazione, quando invece ha a che fare prima con la proclamazione. È il contenuto stesso del Vangelo che è potente, che cambia le vite! Alcuni vengono guariti, ma non cambiati, perché questo avviene solo quando il Vangelo del Signore Gesù tocca i cuori.

In Matteo 4:23-25 leggiamo: “Gesù andava attor­no per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando l'Evangelo del regno, e sanando ogni malattia e ogni infermità fra il popolo”

Ecco gli aspetti che caratterizzano l'Evangelo del Regno: l'insegnamento, la predicazione e la guari­gione. Il Nuovo Testamento mette queste cose sempre insieme. È stata la teologia evangelica tradizionale (e in questo, molte colpe vanno al dispensazionalismo) a separare l'annuncio dalla dimostrazione. Mi sorprende sempre scoprire che i Pentecostali possano essere dispensazionalisti!

II Vangelo presuppone uno scontro tra due regni: quello di Dio e quello di Satana. Gesù proclama con l'insegnamento e la predicazione autorevole, e dimostra attraverso la conversione, la guarigione e la liberazione, il dominio di Dio: “La gente stupiva della sua dottrina perché li ammaestrava come uno che ha autorità e non come gli Scribi...: Egli comanda con autorità persino agli spiriti immondi, ed essi gli ubbidiscono”. “Tutti furono presi da stupore e si dicevano l'un l'altro: Che parola è mai questa? Egli comanda con autorità e potenza agli spiriti immondi... « (Mc. 1:22,27; Lc. 4:36).

Questo ci porta a una seconda coppia di termini: autorità e potenza. Credo sia chiaro ormai che queste due cose sono essenziali per manifestare e far avanzare il Regno di Dio. Questo non può avvenire tramite una semplice lettura, un insegna­mento o una predicazione della Scrittura la domeni­ca mattina. La potenza e l'autorità sono essenziali appunto perché si tratta di uno scontro tra due regni. Solo nella misura in cui attacchiamo e sconfiggiamo il nemico possiamo togliergli terreno perché più persone si sottomettano al governo di Dio.

C'è una distinzione tra autorità e potenza. L'auto­rità è la libertà di azione di Dio di disporre, fare e comandare; la potenza, l'energia che serve per imporla. La Bibbia ci rivela che l'autorità e la potenza vengono da Dio: non sono cose che conquistiamo noi attraverso l'esperienza e le sensazioni.

Il Sovrano dell'universo

La Bibbia parla, innanzitutto, dell'autorità di Dio Padre, il Giudice dell'universo, colui che ha il tremen­do diritto di gettarci all'inferno (Luca 12:5) e che non deve rendere conto a nessuno di quello che fa. Egli ha su di noi un'autorità assoluta, come il vasaio sull'argilla per plasmarla come vuole (Rom. 9:18-26), e non abbiamo alcun diritto di reclamare. Nessuno può andare a dirGli: “Perché questo? perché quello?” Dio “fa misericordia a chi vuole e indurisce chi vuole” (Rom. 9:18). Anzi, dobbiamo essere felici e contenti di quello che Egli decide di fare di noi: è nella Sua libertà perché Egli ci ha dato la vita.

Si è dibattuto per secoli su questo tema, ma la Parola è chiara che Dio possiede questo tipo di autorità, indipendente da qualsiasi condizionamen­to. Tale è l'ordinamento dell'universo. Alla nostra mentalità umana, questo dà molto fastidio, ma la Scrittura lo dice chiaramente. Quanto umanesimo è entrato nella chiesa cristiana nell'ultimo secolo! Ma se impariamo a conoscere Dio, impariamo anche ad accettarci come siamo stati fatti.

È Lui che stabilisce il corso della storia: nulla Gli sfugge. Al di sopra di tutto ciò che avviene nel mondo, c'è un Dio sovrano che ne mantiene il controllo. Questo pensiero deve aiutarci ad essere nel riposo, qualunque cosa succeda intorno a noi.

Autorità delegata

Dio ha anche la libertà di delegare la sua autorità: in Apocalisse 6:8, lo fa all'angelo che distrugge la natura in adempimento del Suo giudizio. Gesù stesso esercita autorità su delega del Padre: “Ogni autorità mi è stata data in cielo e sulla terra” (Matt. 28:18).

Nella visione di Daniele 7:9-28, è descritta in modo sorprendente la struttura dell'autorità spirituale nell'u­niverso: “Furono collocati dei troni e l'Antico di giorni si assise... il suo trono era come fiamme di fuoco...” evidentemente è un'immagine del Padre. Al v.13: “Ecco sulle nubi del cielo venire uno simile a un Figlio dell'uomo... A lui fu dato dominio, gloria e regno, perché tutti i popoli, nazioni e lingue lo servissero; il suo dominio è un dominio eterno...” E al v.18: “Poi i santi dell'Altissimo riceveranno il regno e lo pos­sederanno per sempre, per l'eternità”.

Ci sono qui tre soggetti: Dio; il Figlio dell'uomo; i santi dell'Altissimo. II terzo livello di autorità è dunque la Chiesa. Questa delega è resa possibile dalla Croce e dalla Resurrezione: poiché Gesù ha vinto, portando a termine il suo mandato, può trasmetterlo alla Chiesa. “Ogni autorità mi è stata data in cielo e sulla terra. Andate dunque... lo sono con voi tutti i giorni” (Matt. 28:18-19). Noi siamo lo strumento che Dio ha scelto per spodestare i princi­pati e le potestà che si sono ribellati a Lui!

Di solito facciamo una netta differenza tra Cristo e la Chiesa: l'uno appartiene alla sfera divina, l'altra a quella umana. Invece non è così. Gesù si è identificato totalmente con l'uomo: in questo è il senso più profondo del cristianesimo. Poiché Cristo si è incarnato, noi siamo certi di vincere, Egli ne è divenuto il garante.

L'autorità è legata alla posizione, all'incarico; è oggettiva, indipendente dal soggetto che ne dispone. Quando un vigile alza la paletta, non andiamo a chiedergli qual è la sua vita familiare o come la pensa su questo e su quello: ci fermiamo al suo cenno perché è un funzionario che svolge quel tipo di lavoro.

Così tutti noi, per il solo fatto di essere credenti, possediamo autorità: non dobbiamo sforzarci di averne, l'abbiamo già. Non dipende da quanto siamo buoni o cattivi: ci è stata delegata da Dio. Quando ci confrontiamo con il diavolo, dobbiamo sapere che siamo dei funzionari di Dio, rivestiti di autorità. Il nostro riferimento è in Gesù, l'inviato di Dio sulla terra per distruggere le opere del diavolo e sottrarre gli uomini al suo potere malefico.

Cacciare demoni

La dimensione demoniaca, nei Vangeli, è essen­ziale. Oggi, quando vediamo un Carlos Annacondia cacciare i demoni, pensiamo forse che sarebbe meglio vedere qualche resurrezione; ma il Nuovo Testamento non la pensa così. L'espulsione dei demoni è centrale alla logica della strategia di Dio, perché tutta l'invasione di Gesù ha a che vedere con la cacciata di Satana. Gesù è venuto sulla terra per liberarla dal Principe di questo mondo, per cui, quando i demoni sono scacciati, sappiamo che il Regno di Dio è arrivato (Matt. 12:28).

È sorprendente come per alcuni evangelici faccia scandalo e dia fastidio l'espulsione dei demoni: essi preferiscono le guarigioni e le conversioni. E invece no. Dobbiamo recuperare la concezione del Regno dei Nuovo Testamento: i demoni devono essere cacciati, poi verranno anche le guarigioni e le conversioni!

Oggi c'è tutto un dibattito sulla questione se i credenti possano o meno avere dei demoni. Ma la Chiesa primitiva aveva l'intelligenza spirituale di assicurarsi che la gente avesse chiuso con i demoni fin dal momento della conversione. Noi, purtroppo, abbiamo perso questa accortezza; ma ora il Signore ci sta facendo recuperare la sapienza antica. Il conflitto 'demoni si - demoni no' va affrontato alla radice. Dobbiamo comprendere che nell'iniziazione alla vita cristiana è previsto anche l'esorcismo: anche questo, come il battesimo nello Spirito Santo, fa parte della “immersione in Cristo”. Se ci assicuria­mo che le persone sono liberate dai demoni sin dalla partenza, non ne saranno infastidite più tardi.

L'autorità di Gesù si manifesta, dunque, nell'in­segnamento, nell'esorcismo, ma anche nel per­dono dei peccati. E anche qui, è vero che non abbiamo confessori alla maniera cattolica, ma è falso pensare che siamo esonerati dal confessare i peccati. Dobbiamo prendere coscienza del fatto che anche questo è un territorio che ci appartiene, che anche il “legare e sciogliere” fa parte dell'esercizio dell'autorità data alla Chiesa (Mt. 18:18).

Spirito e potenza

Un'altra coppia di parole intimamente collegate e spesso trovate insieme è Spirito e potenza. Lo Spirito Santo è infatti il canale della potenza, sia nei miracoli che nella predicazione e nell'edificazione della Chiesa. “Spirito” e “potenza” vanno insieme: nella misura in cui siamo in comunione con lo Spirito Santo, ne riceviamo anche l'energia. La potenza non ha a che fare tanto con l'urlare (anche se questo può essere utile qualche volta!), ma con la comunione con lo Spirito, che deve essere continua, profonda e ricercata.

Possiamo avere Cristo e lo Spirito Santo, così come possiamo avere autorità, senza manifestarne la potenza. Riceviamo lo Spirito quando nasciamo di nuovo e riceviamo Gesù come Salvatore e Signore. Noi Pentecostali dobbiamo stare attenti a non dire, nella nostra semplicità, che gli altri credenti non hanno lo Spirito: Lo hanno tutti i figli di Dio, perché “nessuno può dire: 'Gesù è il Signore', se non per lo Spirito Santo” (l° Cor. 12:3). Ma poi, questa energia deve esprimersi.

Io credo che siamo giunti a una soglia e che dobbiamo ancora fare delle conquiste in questa dire­zione. Mentre siamo grati a Dio per il cammino che abbiamo fatto e per i traguardi conquistati, miriamo ad una maggiore forza e maturità. Sono entusiasta per il livello di rivelazione a cui è già arrivata la Chiesa, ma mi aspetto nei prossimi anni un cammino ancora più glorioso, perché il Signore ci porta verso la piena manifestazione della gloria dei Suoi figli (Rom. 8:19). “L'uomo maturo” che Dio sta formando dovrà arrivare alla piena statura di Cristo: Sacerdote, Profeta e Re (Ef. 4:13). Allora la chiesa, quando si troverà davanti un indemoniato, non avrà bisogno di fare sedute di giorni e giorni per liberarlo: dirà “Esci!” e il demone uscirà.

Insoddisfatti

Fin qui il discorso sulla Parola. La preghiera, invece, ha a che fare (se mi è permessa un'osservazione forse soggettiva) con il turbamento che la Parola e lo Spirito provocano in noi per l'insufficienza che vediamo nel nostro ministero, l'evidente contrasto tra ciò che leggiamo e ciò che speri­mentiamo. Se non c'è turbamento, inquietudine, insoddisfazione, non ci inginocchieremo mai davanti a Dio: chi è già soddisfatto non sarà sicuramente uno strumento del risveglio. Se il Si­gnore non trova nella chiesa questa inquietudine, susciterà da un'altra par­te qualcuno che diventi una provoca­zione per noi.

L'insoddisfazione ci porta a cercare la presenza di Dio, dove riceviamo la rivelazione. Non parlo di rivelazioni nuove, ma di verità che sono li nella Bibbia e di cui dobbiamo appropriarci per mezzo della fede: fede stimolata in noi dalla Parola, ma anche dalla sicurezza che deriva dalla comunione con Dio. L'autorità ha infatti fondamento nel senso di identità che viene da un rapporto con Dio. Quando siamo sicuri nel rapporto col Padre e con gli altri e possiamo dire con certezza: “Questo dice il Signore”, allora diventiamo autorevoli. L'insicurezza invece ci fa perdere sia autorità che potenza.

Dobbiamo dunque dare tempo alla preghiera per costruire la nostra vita alle radici. Non che sia la preghiera stessa, come “opera”, a trasformarci e santificarci, ma la contemplazione di Dio e la comu­nione con Lui (2° Cor. 3:18). Se ci innamoriamo di Dio e comprendiamo che stare con Lui è essenziale per la nostra sicurezza, identità e salute, non avre­mo difficoltà a darGli del tempo.

Ed è vitale dedicare del tempo a parlare in lingue, perché così siamo liberati dai blocchi psicologici e sciolti dalle ferite emotive per entrare in piena comunione con la fonte che è al centro della nostra esistenza, là dove non arriva la nostra mente. Quando parliamo in lingue, le aree nascoste della nostra personalità sono portate alla presenza di Dio.

Ascoltare Dio

Ma in che modo parliamo con Dio e udiamo la Sua voce? La Scrittura dice chiaramente che Egli è un Dio che parla; ma quali sono le modalità del rapporto tra un Essere spirituale e invisibile e gli uomini che hanno un corpo ben visibile? Su quest'argomento c'è molta confusione. Spesso si dice: “Il Signore mi ha detto...”; ma come parla Dio? È un'emozione? un pensiero? Quante “profezie” non sono affatto profe­zie, ma solo pensieri umani! E’ importante che noi, come movimento dello Spirito oggi, cerchiamo una risposta equilibrata a queste domande che il cristia­nesimo ha dibattuto durante i secoli.

Questo tema è stato fonte di grosse tensioni durante la storia della Chiesa, ed è alla radice della divisione tra Cattolici e Protestanti. I Protestanti dicono: “La Parola scritta!”; ma la storia ha dimostra­to che non basta. I Pentecostali dicono: “La Parola scritta e lo Spirito Santo!”, ma evidentemente nean­che questo è sufficiente, perché le chiese si divido­no. La Chiesa Cattolica dice: “La Parola, lo Spirito e l'autorità”. Ma storicamente questo non ha funziona­to, perché in pratica l'autorità si è sostituita alla Parola e allo Spirito.

Per comprendere come possiamo sentire Dio, è importante capire la struttura dell'uomo: “...L'intero essere vostro, lo spirito, l'anima e il corpo...” (1° Tess. 5:23). Lo spirito serve per contattare il mondo spirituale, l'anima quello emotivo e intellettuale, il corpo quello fisico. Ma anche così, non è sempre facile distinguere tra i tre aspetti del nostro essere. È l'esperienza, vissuta sotto l'azione della Parola e dello Spirito e all'interno della comunità, che ci con­sente di imparare a discernere sempre meglio.

Punti di riferimento

Ci sono però alcuni riferimenti, ciascuno insuffi­ciente da solo, ma che presi insieme ci aiuteranno a distinguere la voce del Signore. Il primo è la testimo­nianza dello Spirito Santo nel nostro spirito: “...lo Spirito investiga ogni cosa, anche le profondità di Dio” (1° Cor. 2:10). “Lo spirito dell'uomo è una lucerna dell'Eterno che scruta tutti i recessi del cuore” (Prov. 20:27). Possiamo sviluppare la sensibilità del nostro spirito, imparando a dipendere da Colui che vive in noi e coltivando il rapporto con lo Spirito di Dio. Uno spirito allenato e rinnovato mediante l'azione dello Spirito Santo può, nella misura in cui matura, ascol­tare e discernere la voce di Dio.

Un secondo elemento è la testimonianza della coscienza. La coscienza è di per sé uno strumento ambiguo, influenzata dalla nostra formazione, dalle circostanze, dalla cultura: ciò che per alcuni è bene, per altri è male. Può essere però uno strumento sensibile nelle mani di Dio: “Io dico la verità in cristo, non mento, perché me lo attesta la mia coscienza nello Spirito Santo...” (Rom. 9:1). Dobbia­mo offrire i nostri corpi quotidianamente in sacrificio vivente a Dio e lasciare che la nostra mente sia rinnovata dalla Sua Parola (Rom. 12:1-2).

Ma un'ultima guida, spesso trascurata, che è an­che una garanzia, è la conferma della chiesa. La sicurezza nasce non solo dal rapporto con Dio, ma anche da coloro che ci stanno intorno. Abbiamo bisogno di essere collocati nel tempo e nello spazio e di sapere chi è sopra di noi e sotto di noi. Non si può vivere una vita cristiana completa fuori dalla chiesa.

Il cammino va fatto dunque nella chiesa e con la chiesa. E qui non siamo tutti uguali: ecco un'altra idea umanistica che non c'entra con la Scrittura. Dio ha costituito delle autorità per guidare la chiesa: prima degli apostoli, poi profeti, pastori, insegnanti, anziani. Solo perché la Chiesa Cattolica ha abusato dell'auto­rità, non dobbiamo buttare il bambino insieme con l'acqua sporca, ma piuttosto recuperare le autentiche strutture di autorità insegnate nella Parola di Dio.

In queste due aree dunque - la Parola e la pre­ghiera - dobbiamo crescere per diventare una Chiesa matura ed equilibrata, capace di ascoltare il Signore. La via alla potenza è cercare Dio attraverso la Parola e attraverso la comunione personale con Lui.

Nessun commento: