martedì 4 dicembre 2007

FERMIAMOCI IN ATTESA


di Corrado Androetto

Ti è mai capitato di sentirti atteso da qualcuno? Sentire di valere perché qualcuno è impaziente per te? L’Avvento richiama la coda nel negozio per l’ultimo regalo, l’attesa delle vacanze. Ma non è solo questo. Pensare che uno dei periodi più frenetici dell’anno sia fatto per potersi fermare ad «attendere», suona infatti ironico. Eppure, come il sentirmi atteso mi fa percepire che valgo, così attendere qualcosa ne aumenta il valore.
Da bambini si guarda il presepe con stupore e si vorrebbe toccare ogni personaggio; da adolescenti si entra nella fase «non mi piace il presepe» o nell’indifferenza; di questo passo da adulti ci si ritroverà con il vecchio albero e uno pseudo presepe. Bella prospettiva! A meno che da giovani non si riscopra la meraviglia dei piccoli, il senso di una tradizione significativa, tanto che facendo il presepe ci si renda conto che è il presepe a "farci". Come? La risposta sta nella vita di ogni giorno, nel nostro corpo e soprattutto nel nostro cuore. Insomma Gesù è nato duemila anni fa ed è capitato ad altri il grande dono di trovarsi dalle parti di Betlemme; oggi Gesù si manifesta in chi ci circonda perché accada a tanti e sta ciascuno riconoscerlo in noi. Allora il nostro corpo sia il presepe vivente quotidiano, nei luoghi dove siamo chiamati a vivere da cristiani. Le nostre gambe siano quelle degli animali, come instancabili pellegrini alla ricerca della Verità. Il nostro ventre sia come quello di Maria che ha accolto Gesù, mentre noi possiamo farlo nell’Eucaristia. Le nostre braccia siano quelle di Giuseppe, "abbracciando" ogni giorno i fratelli: in famiglia, nel lavoro, nello studio. La nostra bocca e la nostra voce siano quelle degli angeli per dire con coraggio la Parola, testimoniare la speranza e gridare contro le ingiustizie. Le nostre orecchie e i nostri occhi siano quelle dei pastori che hanno udito il canto degli angeli e visto il Bambino; con tutti i nostri sensi possiamo essere testimoni di questo incontro. La nostra intelligenza sia quella dei Magi che si sono affidati e messi in cammino; un’intelligenza "in movimento" che operi per il raggiungimento del bene comune, aperta al mistero e all’Altro. Il nostro cuore sia la mangiatoia che ha accolto l’Eterno, perché l’amore non sia un gioco, l’amicizia non sia un’opportunità, i talenti non si svendano. Sì, perché in fondo il presepe siamo noi.

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